Archivio rubriche 2014

Fascicolo 3/2014

Scheda n. 1

Gli statuti degli enti locali nel sistema delle fonti

Sent. CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMNISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA, sez. giurisd., 22.07.2014, n. 442

Per quanto riguarda il rapporto tra le fonti normative, il CGA ha già avuto modo di precisare (cfr. la sentenza 2 marzo 2006, n. 69) che gli statuti, dopo la riforma costituzionale recata dalla legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3 - la quale ha, fra l'altro, sostituito l'art. 114 Cost., il cui vigente II comma recita che "I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione" - non hanno acquistato forza normativa pari a quella della legge ma costituiscono una peculiare fonte di livello subprimario (o supersecondario) e restano comunque soggetti alla legge ordinaria, talché non possono porsi in contrasto con le regole dettate da norme primarie. Il richiamato precedente, dal quale il Collegio non vede ragioni di discostarsi, ha infatti puntualizzato che dalla circostanza che gli statuti, differentemente dai vecchi regolamenti comunali, previsti dalla legge ordinaria, siano ora espressamente contemplati dalla Costituzione "non deve trarsi l'erroneo (ed eccessivo) corollario che lo statuto comunale sia ormai divenuto legibus solutus, potendo il suo contenuto prescindere dalle norme e dai limiti che gli siano imposti dalla legge statale ovvero dalla legge regionale nelle regioni dotate di competenza normativa nella materia degli enti locali, come è in Sicilia ex art. 14, lett. o), dello Statuto".

 


Scheda n. 2

Statuto e rappresentanza processuale dell'ente locale

Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. VI, 08.10.2014, n. 21270

Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, lo statuto della Provincia - ed anche il regolamento della Provincia, ma soltanto se lo statuto contenga un espresso rinvio, in materia, alla normativa regolamentare - può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero ad esponenti apicali della struttura burocratico - amministrativa dell'ente locale, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria (o, alle condizioni di cui sopra, regolamentare) non sussista, il sindaco (ovvero una figura omologa nella Provincia e nella Regione) conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale dell'Amministrazione, ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 50. In particolare, qualora lo statuto (o, nei limiti già indicati, il regolamento) affidi la rappresentanza a stare in giudizio in ordine all'intero contenzioso al dirigente dell'ufficio legale, questi, quando ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l'incarico ad un professionista legale interno o del libero foro (salve le ipotesi, legalmente tipizzate, nelle quali l'ente locale può stare in giudizio senza il ministero di un legale), e, ove abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, può anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione (Cass., Sez. Un. 16 giugno 2005, n. 12868; Cass., 5 aprile 2006, n. 7879).


Scheda n. 3 

Statuto e rappresentanza processuale dell'ente locale.

Sent. CASSAZIONE CIVILE, sez. VI, 24.09.2014, n. 20120

La sentenza 2004 n. 14220 della Corte di Cassazione, citata nella decisione impugnata, è stata superata da altre che hanno escluso la competenza della Giunta (cfr. per la Regione Sicilia, Cass. S.U. 23 dicembre 2009, n. 27216), posto che "...a nuova normativa regionale in tema di ripartizione delle competenze in conformità alla distinzione tra organi di indirizzo e di controllo pubblico-amministrativo ed organi responsabili dell'ente della gestione amministrativa dei suoi servizi (...) ha profondamente innovato le precedenti attribuzioni della giunta municipale, più non includendo fra le sue competenze le deliberazioni aventi ad oggetto le autorizzazioni alla proposizione delle liti attive e passive, che, quale atto gestionale e tecnico, più non necessita anche per i comuni della Regione siciliana dell'autorizzazione giuntale". Di conseguenza, escluse le competenze per legge espressamente attribuite al Consiglio Comunale, alla Giunta Municipale o al Sindaco, per le altre competenze bisogna far riferimento agli statuti dei singoli comuni. E lo statuto del Comune di Palermo, approvato con deliberazione C.C. 21 gennaio 1995, n. 24 e pubblicato sulla G.U.R.S. n. 27 del 20 maggio 1995, S.O. n. 2, prevede la competenza dell'Avvocato capo per l'autorizzazione a stare in giudizio nelle liti passive (art. 82) e quella del Sindaco per le liti attive (art. 46).


Scheda n. 4

Norme statutarie e rispetto della parità di genere nella formazione della Giunta comunale.

Sent. CONSIGLIO DI STATO, sez. V, 24.07.2014, n. 3938.

Facendo riferimento l'art. 51 cit. ad "appositi provvedimenti" per l'applicazione del principio, è evidente che in mancanza di appositi provvedimenti legislativi di carattere attuativo il principio non può trovare concreta ed immediata applicazione; al contrario, un carattere immediatamente precettivo può essere individuato solo nella sua accezione negativa, ovvero nel cd. divieto di discriminazione tra i sessi; condotta che, nella specie, chiaramente non sussiste.

Inoltre, anche le norme internazionali implicate in detto principio non impongono nessun vincolo positivo, trattandosi di norme di principio non direttamente invocabili quali parametri di legittimità degli atti amministrativi nazionali se non nel significato di vietare ogni condotta discriminatoria.

I predetti principi generali anche di rango sovranazionale riguardanti l'equilibrio di genere possono, semmai, configurare parametri di legittimità dello Statuto comunale che non preveda vincoli specifici come sopra indicati, da far valere con gli strumenti di tutela previsti dal nostro ordinamento (ad es., impugnando lo Statuto nei modi e nei termini di legge); ma non possono essere direttamente invocati, come detto, quali parametri di legittimità degli atti amministrativi nazionali.

Inoltre, non può nemmeno essere accoglibile la tesi secondo cui sarebbe ricavabile da tali principi una soglia quantitativa di presenza del sesso femminile nelle compagini di governo degli enti locali.

Come ha già affermato dal Consiglio di Stato (Sez. I, parere 16 marzo 2012, n. 1306, affare n. 1263-2011, Adunanza di Sezione del 18 gennaio 2012), infatti, di certo non è possibile che l'interprete si sostituisca alla sede normativa e determini egli stesso, estemporaneamente ed arbitrariamente, il numero di minimo di componenti di ciascun sesso.

Infine, non può ritenersi mutato siffatto quadro giurisprudenziale alla luce della sopravvenienza della legge n. 215/2012, inapplicabile al caso di specie, ratione temporis).

Come è noto, detta legge è intervenuta in modo importante nel procedimento elettorale dei comuni (art. 2), riservando a ciascun sesso almeno un terzo delle candidature ed introducendo la doppia preferenza di genere; in tal modo sono state create le condizioni per un concreto riequilibrio della rappresentanza in seno ai Consigli e, di riflesso, nelle Giunte (che, in concreto, tendenzialmente riflette sempre gli equilibri politici creatisi con il voto per il consiglio).

Anche il nuovo disposto di cui all'art. 6, comma 3, del TUEL (d. lgs. n. 267/2000), novellato nel senso che gli statuti debbano ora "garantire la presenza di entrambi i sessi nelle giunte", non è rilevante, poiché esso implica che, per il futuro, non potranno più ammettersi giunte monogenere, ai di fuori del caso estremo di concreta e motivata impossibilità di assicurare tale presenza, imponendo la compresenza dei generi, ma non anche il loro riequilibrio, rimesso all'autonomia statutaria dell'Ente.

Nel caso di specie, tuttavia, l'art. 30 dello Statuto comunale pone un vincolo specifico che ostacola particolarmente ed intensamente la nomina di una Giunta monogenere, stabilendo che "il Sindaco nomina il Vice Sindaco e gli Assessori prima dell'insediamento del Consiglio Comunale, assicurando di norma la presenza di ambo i sessi".

La statuizione anche se non interpretabile nel senso di imporre la sostanziale parità dei generi all'interno della composizione della Giunta, sicuramente impone, quanto meno, la presenza di almeno una donna al suo interno.

Peraltro, il Collegio ritiene che l'interpretazione delle disposizione statutaria nel senso che occorre assicurare la presenza "di norma" di entrambi i sessi, non può che essere riferita ad un tendenziale equilibrio dei generi nella composizione della Giunta, nel senso che, di norma, la presenza in giunta di uomini e donne deve essere effettivamente equilibrata.

Pertanto, il Sindaco deve dare conto, per motivi obiettivi, di essere stato impossibilitato a garantire l'effettiva parità dei generi ossia la presenza di un numero di donne tendenzialmente pari a quello degli uomini nella Giunta, pena la violazione della citata norma Statutaria, attuativa di una garanzia costituzionale, garantita anche a livello internazionale.

Non sono accoglibili tesi ermeneutiche riduttive di tale vincolo, poiché la regola generale, che impone l'art. 30 dello statuto, come citato, non è una regola opzionale, che può essere disattesa per ragioni di carattere politico, ma è un vincolo specifico di rilievo costituzionale che ammetter deroghe soltanto in via eccezionale.

Sia l'art. 47 del d.lgs. n. 267/00 che l'art. 31 dello Statuto consentono di nominare Assessori tutti "i cittadini in possesso dei requisiti dì candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere" ed è pertanto in tale ambito che il Sindaco deve compiere la scelta degli Assessori per garantire la tendenziale parità dei generi e non nell'ambito dei candidati del partito vittorioso, anche in considerazione del fatto che gli Assessori svolgono delicate ed importanti funzioni non al servizio del partito di riferimento, ma al servizio della cittadinanza.


Scheda n. 5

Modifiche statutarie e regolamentari relative alla dotazione organica del Comune. Giurisdizione del Giudice amministrativo.

Sent. TAR Lazio, Roma, 24.07.2014, n. 8166

Sent. TAR Lazio, Roma, 24.07.2014, n. 8166

Si tratta di provvedimenti a contenuto e finalità macro-organizzativo, che attengono a scelte strutturali che impongono le linee fondamentali e programmatiche dell'Ente.

Essi, pertanto, implicano l'esercizio di poteri di natura non privatistica siccome permeati interamente, nel loro contenuto esclusivamente a finalità organizzatoria, da interessi pubblici.

La controversia, incentrandosi sulla legittimità di atti autoritativi, espressione di ampia discrezionalità amministrativa, spetta senza dubbio alla cognizione del giudice amministrativo assumendo la posizione soggettiva azionata e posseduta al ricorrente consistenza di interesse legittimo.


Scheda n. 6

Rapporti tra disciplina legislativa e statuto comunale: possibilità per lo statuto di derogare alla disposizioni del Tuel non contenenti principi inderogabili.

Sent. TAR Lazio, Roma, 24.07.2014, n. 8166

Del pari, lo Statuto si deve qualificare non più come disciplina di attuazione bensì, di integrazione ed adattamento dell'autonomia locale ai principi inderogabili fissati dalla legge.

Tale rapporto tra fonti normative statali e locali appare ancor più marcatamente influenzato dalla modifica del Titolo V, Parte II, Cost., sia in forza della delimitazione a settori specificamente e tassativamente determinati negli ambiti di intervento della legge statale (art. 117, co. 2, lett. p), sia per effetto dell'espresso riconoscimento costituzionale delle potestà statutarie e regolamentari dei Comuni.

Nel caso di specie, il comune di Marcetelli non ha affatto introdotto nel proprio ordinamento deroghe alle disposizioni di legge né ha violato i principi fondamentali esistenti in materia di contabilità e finanza degli Enti locali.

Esso ha solo provveduto - nell'esercizio della propria potestà organizzatoria, tipica di tutti gli enti pubblici (autarchia) - alla riorganizzazione della propria struttura accorpando taluni servizi ed uffici nonché riducendo a due le precedenti, originarie tre "Aree" funzionali.

L'obiettivo – di contenimento della spesa pubblica e di maggiore razionalità del sistema all'interno di un comune c.d. "polvere" - è stato quello di far confluire le mansioni ed i compiti attinenti la materia contabile e finanziaria all'interno di una sola Area (Amministrativa), giammai quello di sopprimere la funzione e/o sottrarre l'esercizio agli uffici e/o organi competenti.


Scheda n. 7

Legittimazione del consigliere comunale all'impugnazione di regolamento del Comune.

Sent. TAR Lazio, Roma, 23.07.2014, n. 8115

Il ricorrente lamenta che le norme regolamentari introdotte nell'ordinamento locale costituiscano una evidente lesione del proprio "ius ad officum", laddove attribuiscono alla Giunta ed al Sindaco (art. 2 del Regolamento impugnato) la competenza in ordine all'adozione di determinati atti di indirizzo politico-amministrativo riservati per legge - con vincolo inderogabile e tassativo - al Consiglio comunale. Siffatta previsione regolamentare inciderebbe in senso negativo sulla esplicazione del mandato di consigliere comunale traducendosi in una limitazione delle prerogative inerenti il mandato elettivo.

Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che "Sussiste la legittimazione dei consiglieri comunali a ricorrere avverso le deliberazioni collegiali quando essere investono direttamente la propria sfera giuridica ovvero quando siano violate norme che attengono all'iter formativo dell'atto collegiale, precludendo ai consiglieri il regolare svolgimento del proprio ufficio" (C.d.s., sez. V, 17 gennaio 2014, n. 209).

Viene quindi riconosciuta in capo al ricorrente la legittimazione ad agire.


Scheda n. 8

Legittimazione del consigliere comunale all'impugnazione di regolamento del Comune.

Sent. TAR Sicilia, Catania, 23.10.2014, n. 2824

Nella fattispecie, i ricorrenti, tutti consiglieri del Comune resistente, impugnano la deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del bilancio di previsione per l'anno 2013, contestandone, non tanto il contenuto, quanto l'iter di formazione relativo alla convocazione della seduta e alla validità della delibera stessa con pregiudizio dei diritti della minoranza consiliare attribuiti ai componenti del gruppo di opposizione in materia di deliberazioni attinenti all'approvazione di detto bilancio.


Scheda n. 9

Regolamento di contabilità e rispetto TUEL

Sent. TAR Sicilia, Catania, 23.10.2014, n. 2824

L'art. 74, comma 2, del D.lgs. n. 267/2000 impone ai regolamenti di contabilità dei Comuni la previsione di un "congruo termine" per gli adempimenti relativi alla predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati. Detti regolamenti devono altresì indicare "i termini entro i quali possono essere presentati da parte dei membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti dall'organo esecutivo".

In linea con tale disposizione, il regolamento di contabilità del Comune di Valverde, approvato con delibera n. 91 del 19 luglio 1996, ha previsto all'art. 13, comma 6, che "i membri del Consiglio possono presentare emendamenti gli schemi del bilancio entro 15 giorni dalla data di trasmissione degli stessi al Presidente del Consiglio".

È incontestato che, solo in data 24 dicembre 2013, con solo sei giorni di preavviso, veniva notificata ai consiglieri la nota n. 12889 del 23 dicembre 2013, con la quale il Segretario Generale del Comune rendeva noto che, alla stessa data, era avvenuto il deposito in segreteria della proposta di deliberazione di approvazione del bilancio di previsione anno 2013 - relazione previsionale programmatica e schema di bilancio pluriennale 2013/2015, dei relativi allegati e della relazione dell'organo di revisione.

Ne consegue che, solo a partire da tale momento, tutti i documenti contabili relativi al bilancio previsionale sono stati messi a disposizione dei componenti dell'organo consiliare e quindi anche del Presidente del Consiglio, il quale, con nota n. 12874 del 23 dicembre 2013 (notificata il giorno successivo), ha proceduto alla convocazione del Consiglio comunale ponendo al secondo punto dell'ordine del giorno l'argomento concernente la deliberazione impugnata.

Siffatto comportamento ha comportato un grave vulnus alle prerogative dei consiglieri, nessun rilievo potendo assumere al riguardo l'obiezione sollevata dal controinteressato secondo cui il lasso di tempo di sei giorni per prendere visione di tutta la documentazione contabile era, di per sé sufficiente al fine di proporre eventuali emendamenti al bilancio.

Né vale il richiamo al criterio della "ragion di Stato" e alla necessità, per la stessa sopravvivenza del Comune, di rispettare i termini di legge per la deliberazione del bilancio di previsione.

È noto, infatti, che in forza dell'art. 8 del D.L. 31 agosto 2013 n. 102 il termine per l'approvazione del bilancio di previsione degli Enti locali per l'esercizio finanziario 2013, già prorogato al 30 settembre 2013, era stato ulteriormente differito al 30 novembre 2013 e che la mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini di legge avrebbe comportato per gli enti inadempienti unicamente l'intervento sostitutivo dell'Assessorato regionale delle Autonomie Locali della Funzione Pubblica ai sensi dell'art. 109 bis dell'O.R.EE.LL, approvato con L.r. 15 marzo 1963 n. 16.


Scheda n. 10

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-base

Sent. TAR Lazio, Latina, 8.07. 2014, n. 546

Il regolamento impugnato, nell'individuare un criterio preferenziale di allocazione delle antenne telefoniche suddiviso in aree a compatibilità zero, aree a compatibilità 1, aree a compatibilità 2 e aree comunali, pone dei divieti generalizzati preclusivi al rilascio delle autorizzazioni in argomento su vaste aree del territorio comunale.

In materia è principio consolidato in giurisprudenza che "ai sensi dell'art. 87, codice delle comunicazioni elettroniche approvato con d.lg. 1 agosto 2003 n. 259, il Comune non ha alcuna potestà di introdurre un divieto generalizzato di installazione delle stazioni radio base, né di introdurre misure che, pur essendo di natura tipicamente urbanistica (distanze, altezze, quote, ecc.) non siano funzionali al governo del territorio, quanto piuttosto alla tutela dai rischi dell'elettromagnetismo che, ai sensi dell'art. 8, l. 22 febbraio 2001 n. 36, rientra nelle esclusive attribuzioni statali, non già in quelle comunali; di conseguenza la localizzazione degli impianti nelle sole zone in cui il regolamento li consente si pone in contrasto non solo con l'esigenza di permettere la copertura del servizio di telefonia mobile sull'intero territorio comunale ma anche con la loro natura di infrastrutture primarie e impianti di interesse generale, posti al servizio della comunità e quindi compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica" (ex multis T.A.R. Molise 7 aprile 2011 n. 176).

Il Tar ribadisce, quindi, un recente orientamento: "È illegittimo il regolamento comunale per il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti per radiotelecomunicazione nella parte in cui limita, in modo generalizzato, l'istallazione degli impianti di telefonia mobile, tale da non consentire una diffusa localizzazione sul territorio del relativo servizio pubblico; ai comuni è infatti consentito, ai sensi dell'art. 8 comma 6, l. n. 22 febbraio 2001 n. 36, soltanto individuare i siti non idonei o sensibili senza però vincolare intere zone del territorio comunale; inoltre l'art. 86 comma 3, d. lg. 1° agosto 2003 n. 259 ha equiparato le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni alle opere di urbanizzazione primaria, evidenziando ulteriormente il principio della necessaria capillarità della localizzazione di detti impianti" (T.A.R. Lazio Latina 16 maggio 2013 n. 428).


Scheda n. 11

Ambiti di normazione comunale relativi all'installazione di stazioni radio-base

Sent. TAR Lazio, Latina, 2.10.2014, n. 793

L'articolo 5 del regolamento comunale impugnato – nel vietare l'installazione nelle cd. "aree sensibili" – pone una norma che, lungi dallo stabilire un criterio di localizzazione (come ammesso dall'articolo 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36 secondo cui i comuni possono adottare un regolamento per assicurare "il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici") stabilisce un generalizzato e praticamente indifferenziato divieto di collocare gli impianti in questione in zone abitate; è chiaro che vietare l'installazione su e/o in corrispondenza di tutti gli edifici e loro pertinenze esterne adibiti a residenza o ad attività lavorativa e di studio equivale a vietare gli impianti di comunicazione elettronica nelle zone abitate, il che in pratica impedisce la creazione di una rete di comunicazioni dato che, poiché la rete si pone al servizio delle esigenze delle persone, essa va creata nelle aree in cui le persone vivono e operano e non certo in aree disabitate dove le esigenze di copertura sono evidentemente assenti o comunque inferiori a quelle delle aree abitate. In definitiva, la disposizione pare avere una finalità di protezione della salute umana, come si desume sia dalla denominazione di "aree sensibili" che dal riferimento alla permanenza di persone per almeno 4 ore quotidiane; ma, come è noto, la tutela della salute umana in questa materia è riservata allo Stato e alle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente.

Considerazioni analoghe, mutatis mutandis, valgono per la previsione del regolamento che, con riferimento a aree soggette a vincolo ambientale, prescrivono – in aggiunta al n.o. dell'autorità preposta alla gestione del vincolo (che nella specie risulta essere stato chiesto e ottenuto) – anche un assenso da parte del comune.

Questa previsione è illegittima dato che non rientra tra i poteri del comune quello di introdurre – in deroga (o meglio in aggiunta) a quanto già prevede il codice delle comunicazioni elettroniche - ulteriori titoli abilitativi per la realizzazione degli impianti in questione. D'altra parte non si vede nemmeno quale sia la ratio di una disposizione che, in aggiunta all'assenso dell'autorità preposta alla gestione del vincolo paesaggistico, prescriva anche l'assenso del comune; e infatti evidente che la valutazione della compatibilità dell'impianto con l'interesse pubblico alla tutela delle bellezze naturali è compiuta dalla regione (cioè dall'autorità che gestisce il vincolo paesaggistico) per cui o il comune – in violazione del riparto delle competenze legislative in materia – è chiamato a ripetere tale valutazione oppure al comune sarebbe riservata una valutazione di interessi diversi (ma non indicati) e, allora, la realizzazione dell'impianto in area soggetta a vincolo paesaggistico finirebbe con il dipendere dalla mera volontà del comune, in chiaro contrasto (anche) con esigenze elementari di tipicità dei poteri pubblici.


Scheda n. 12

Potere regolamentare del Comune in materia di natanti ad uso commerciale.

Sent. TAR Lombardia, Brescia, 22.10.2014, n. 1108

L'inclusione dei natanti adibiti ad attività di locazione e noleggio in un'autonoma categoria, rispetto a quella generale delle imbarcazioni "registrate", infatti, oltre a non essere prescritta dalla legge, non è prevista nemmeno nelle linee generali dettate dalla Regione, con la conseguenza che una tale specificazione in via regolamentare non può ritenersi legittima.


Scheda n. 13

Competenza del sindaco all'adozione di ordinanza con cui ordina alla Provincia di provvedere alla rimozione di rifiuti depositati nell'area della fascia di rispetto del tratto di strada SS.

Sent. TAR Campania, Napoli, 19.09.2014, n. 4989

L'art. 54, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000 attribuisce espressamente al sindaco, quale ufficiale del Governo, il potere di adottare con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Oltre a ciò, l'art. 14, comma 3, del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, vigente ratione temporis al momento dell'adozione del provvedimento gravato, attribuiva espressamente al sindaco il potere di disporre con ordinanza la rimozione e l'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti abbandonati, ponendo il relativo obbligo (di rimozione e smaltimento) a carico di chi abbia violato il divieto di abbandono dei rifiuti e, in solido, a carico del proprietario e del titolare di diritti reali o personali di godimento dell'area.


Scheda n.14

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Molise, 27.07.2014, n. 453

Il TAR osserva che l'ordinanza è stata emanata ex art. 54, co. 3, del d.lgs. 267/00 ed ex art. 9 L. 447/95, con la motivazione che sono pervenute numerose segnalazioni di residenti circa le moleste emissioni rumorose di disturbo alla quiete pubblica e l'inquinamento acustico provenienti dall'attività di intrattenimento svolta dai pubblici esercizi, rilevando, in particolare, che le stesse creano disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone, allo stato di salute psico-fisico delle medesime e determinano una situazione prolungata e ripetuta di disturbo alla quiete pubblica che giustificherebbe l'emanazione del provvedimento "extra ordinem".

Tanto basta per far constatare che effettivamente si tratta di un'ordinanza contingibile ed urgente, considerato che le norme sulla base delle quali è stata emanata attribuiscono al Sindaco il potere di adottare provvedimenti contingibili ed urgenti, in casi di emergenza connessi con l'inquinamento acustico.

È ritenuta tuttavia fondata la censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria. Difatti, in relazione al potere nella specie esercitato dal Sindaco, è pur vero che molteplici e ripetute lamentele formulate dagli abitanti della zona, dove viene esercitata l'attività dei pubblici esercizi, costituiscono un significativo indizio dei disagi dagli stessi arrecati nelle ore notturne al riposo ed alla quiete dei vicini, tuttavia la fondatezza di tali doglianze deve essere necessariamente riscontrata da un'appropriata istruttoria (cfr. Cons. St., V, 5 settembre 2002, n. 4457).

Nella specie, invece, non risulta che sia stata effettuata alcuna misurazione delle immissioni rumorose. In particolare, è mancato l'intervento dell'ARPA per il rilievo dei dati fonometrici e addirittura nel provvedimento impugnato non si fa menzione di un qualche accertamento, sia pure empirico, svolto dalla vigilanza urbana.

Non risulta, quindi, che sia stato adeguatamente accertato il disagio ambientale che era stato denunciato dagli abitanti della zona.


Scheda n.15

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Lombardia, Milano, 16.07.2014, n. 1909.

Il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi degli articoli 50 e 54 D. Lgs. n. 267 del 2000 «...richiede la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l'incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, debitamente motivata a seguito di approfondita istruttoria...» (Cons. Stato, Sez. V, 16 febbraio 2010, n. 868).

Tale situazione non appare oggettivamente sussistente nel caso di obbligo imposto ad impresa consiste nella redazione, entro 45 giorni dalla notifica del provvedimento, di «...un progetto che illustri i provvedimenti da adottare al fine di ridurre drasticamente le molestie olfattive, mediante la loro captazione e trattamento e che preveda i tempi adeguati per la realizzazione degli stessi...».

Poiché nel provvedimento viene fissato un termine di 45 giorni per la redazione del progetto, e viene presupposto un ulteriore lasso di tempo per la sua realizzazione, ne consegue l'assenza di un pericolo immediato per la salute, la sicurezza o l'incolumità pubblica.


Scheda n.16

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco.

Sent. TAR Veneto 9.07.2014, n. 991

Il provvedimento sindacale impugnato non esterna le motivazioni per le quali è stato necessario ricorrere a tale particolare strumento; è oggettivo che nessuna indicazione è stata data proprio con riguardo alla necessità ed all'urgenza di assumere tale ordinanza, senza fare ricorso ai rimedi ordinari previsti dall'ordinamento per tutelare tale particolare situazione.

Né, contrariamente alla natura ed alla tipologia dell'ordinanza contingibile ed urgente, è stata indicata la durata dell'ordine impartito, così attribuendo ai propri effetti un'inammissibile stabilità e persistenza nel tempo, diversamente da quanto è proprio delle ordinanze contingibili ed urgenti, che sono caratterizzate dalla necessità di intervenire rapidamente e per un tempo limitato, al fine di risolvere immediatamente, senza differimenti, situazioni particolari.

Per altro verso, tenuto conto della situazione di fatto, così come venutasi a creare anche a seguito degli interventi della stessa Comunità Montana e delle Regole - le quali ultime hanno dato la propria disponibilità a dotare la strada di aree adibibili a sosta e/o a spazi di manovra, così da ovviare ai pericoli paventati dal Sindaco - appare evidente l'uso distorto dell'ordinanza contingibile ed urgente, non sussistendo quelle ragioni particolari ed eccezionali richieste dalla norma.

Non essendo state evidenziate le particolari condizioni che consentono il ricorso a tale particolare strumento, cui ricorrere soltanto laddove non sia possibile utilizzare i rimedi ordinari previsti dall'ordinamento, né essendo stata effettuata adeguata istruttoria riguardo alla condizioni di fatto che hanno poi dato luogo al provvedimento impugnato, ne consegue l'illegittimità dell'ordinanza assunta dal Sindaco.


Scheda n. 17

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Lazio, Latina, 4 agosto 2014, n. 691

In ambito amministrativo per ordinanze si intendono tutti quegli atti che creano obblighi o divieti ed in sostanza impongono ordini. Segnatamente, le ordinanze di necessità ed urgenza sono statuizioni straordinarie adottate nei casi espressamente previsti dalla legge, espressione di un potere amministrativo "extra ordinem", al fine di fronteggiare situazioni di urgente necessità (in materia di ordine e sicurezza pubblica nonché di sanità ed igiene pubblica), là dove, all'uopo si rivelino inutili gli strumenti ordinari posti a disposizione dal legislatore.

In ordine ai limiti, entro i quali può essere esercitato il potere in questione, la recente giurisprudenza amministrativa ha, in più occasioni, rimarcato che la possibilità concessa all'amministrazione di adottare provvedimenti, in deroga alla disciplina di legge, impone il rigido rispetto di alcuni adempimenti a garanzia dell'operato della stessa pubblica amministrazione. Tra questi l'obbligo di munire i provvedimenti in questione di una motivazione adeguata: ..."in grado di far comprendere le ragioni del provvedimento e di adottare il provvedimento all'esito di un'istruttoria congrua" (cfr. Tar Lazio, sez. III - quater, 15 settembre 2006, n. 8614).

Ne consegue che il ricorso al potere extra ordinem può essere esercitato dall'amministrazione previa adeguata istruttoria e con l'espressa indicazione delle ragioni di necessità ed urgenza che lo giustificano.

Nella specie, in ragione della documentazione prodotta in atti, sembra inequivocabilmente evincersi come il provvedimento qui impugnato, pur rivestendo formalmente le sembianze di un'ordinanza contingibile ed urgente al fine di salvaguardare la pubblica e privata incolumità, non è accompagnato dai requisiti necessari che caratterizzano indefettibilmente tali atti eccezionali, attesa l'inconsistenza di idonei accertamenti istruttori.

Il potere dell'Autorità comunale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti postula, infatti, per giurisprudenza costante, "la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui sia impossibile far fronte con gli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento".

Allo stesso tempo va rimarcato che l'amministrazione può utilizzare lo strumento in questione solo ove occorra far fronte ad un'effettiva situazione di emergenza.

L'ordinanza impugnata non appare congruamente motivata là dove pone in correlazione l'inagibilità del fabbricato e l'allegato pericolo per l'igiene pubblica. Tale conclusione appare confermata dagli esiti del successivo sopralluogo, là dove si conferma l'assenza di elementi significativi che possano compromettere la staticità del fabbricato o che possano evidenziare pericoli imminenti per la pubblica e privata incolumità.


Scheda n. 18

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Lombardia, Brescia, 29.08.2014, n. 927

In relazione all'ordinanza del Sindaco di Marcaria che ha disposto l'abbattimento delle nutrie su tutto il territorio comunale dal 3.2.2009 al 31.8.2009 (domeniche escluse) non si ravvisano quegli estremi individuati dalla costante giurisprudenza della Sezione per potersi ritenere giustificabile l'intervento extra ordinem in materia dell'Autorità comunale e cioè che risulti "comprovata l'esistenza del pericolo di un danno grave alla salute dell'uomo e il sopravvenire di una situazione eccezionale ed imprevedibile, tale da incidere in modo straordinario sulla sicurezza pubblica" (sentenze 22 maggio 2013, nn. 480, 482, 483 e 484 e 24 maggio 2013, n. 515; e, da ultimo, 27 maggio 2014, n. 558).


Scheda n. 19

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Lazio, Latina, 23.07.2014, n. 640

Per consolidata giurisprudenza (oltre all'ora vista C.d.S., Sez. V, n. 868/2010 cit., v. C.d.S., Sez. V, 8 maggio 2007, n. 2109; id., Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4402), il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti in base agli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000 richiede la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per l'incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, nonché motivata debitamente a seguito di approfondita istruttoria. Il pericolo per l'incolumità pubblica costituente il presupposto per l'adozione delle ordinanze extra ordinem deve avere il carattere dell'eccezionalità, tale da rendere indispensabili interventi immediati ed indilazionabili, consistenti nell'imposizione di obblighi di fare o non fare a carico del privato. In altri termini, l'urgenza discende dall'impossibilità di differire l'intervento ad un altro momento in riferimento alla ragionevole previsione di un danno incombente; la contingibilità, poi, viene desunta dall'inattuabilità degli ordinari mezzi offerti dalla normativa (C.d.S., Sez. IV, n. 4402/2004, cit.).

Più contrastata è l'attribuzione o meno all'intervento extra ordinem del carattere della provvisorietà, negato da una parte della giurisprudenza (C.d.S., Sez. IV, n. 4402/2004, cit.) in base all'argomento che il connotato essenziale dell'intervento è l'adeguatezza della misura a fronteggiare la situazione cagionata dall'evento straordinario, cosicché non è possibile, in astratto, fissare un rigido parametro temporale di valutazione, dovendo la soluzione essere individuata di volta in volta secondo la natura del rischio da affrontare. Altra parte della giurisprudenza, invece, ritiene che la misura eccezionale debba avere carattere provvisorio (cfr., tra le più recenti, T.A.R. Puglia, Lecce. Sez. I, 21 novembre 2013, n. 2357; T.A.R. Basilicata, Sez. I, 15 gennaio 2013, n. 28).

Nel caso di specie l'ordinanza sindacale impugnata, sebbene faccia riferimento ad una prolungata istruttoria ed adduca un'ampia motivazione, non dà adeguatamente conto dei suindicati presupposti necessari per il legittimo utilizzo del potere extra ordinem ex art. 50 cit.. In particolare, essa non dà conto:

a) del carattere eccezionale, repentino ed imprevedibile dell'esigenza cui si intende porre rimedio, che, anzi, è confutato dalla ricostruzione dei fatti contenuta nella stessa ordinanza, da cui si desume il carattere annoso della vicenda;

b) della sussistenza di un pericolo concreto, effettivo grave ed immediato per la salute pubblica, tale da richiedere un intervento assolutamente immediato ed indilazionabile;

c) dell'impossibilità di far fronte alla situazione con gli ordinari strumenti apprestati al riguardo dal vigente ordinamento.

Al contrario, la minuziosa esposizione, nel provvedimento gravato, dell'istruttoria svolta dalla P.A. conforta la tesi che, nel caso in esame, la presunta emergenza (in realtà, una situazione esistente da tempo, tanto da essere stata oggetto di un precedente intervento, a cui è stata prestata ottemperanza solo parziale) potesse e dovesse essere affrontata con gli strumenti ordinari e non già con l'utilizzo dei poteri extra ordinem, il ricorso ai quali sembra avere, piuttosto, il carattere di sanzione – invero inappropriata – a carico delle ricorrenti.


Scheda n. 20

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Piemonte, 11.07.2014, n. 1226.

Il provvedimento adottato è una ordinanza contingibile e urgente, adottata ai sensi dell'art. 54 del d.lgs. n. 267/2000: l'ordinanza evidenzia, oltre alla problematica dei balconi affrontata con il puntellamento, difetti nella copertura dell'immobile e infiltrazioni di acqua, la mancanza di serramenti e vetri, un impianto elettrico non conforme alla normativa vigente, il cattivo stato di manutenzione e tinteggiatura delle facciate.

Le mancanze addotte, seppure gravi, attengono piuttosto a questioni di abitabilità dell'immobile, che non a generalizzati rischi per la collettività.

Il provvedimento non esplicita le ragioni di rischio per la pubblica incolumità rispetto a problematiche (mancanza di infissi, infiltrazioni interne, impianto elettrico non a norma, tinteggiatura) che appiano piuttosto idonee a giustificare una dichiarazione di inagibilità dell'immobile, come già previsto dall'art. 222 del r.d. 27.7.1934, n. 1265, e oggi riproposto dall'art. 26 del d.p.r. n. 380/2001.

Il provvedimento accumuna problematiche (quali quella afferente i balconi, che certamente sporgono all'esterno e per contro quelle evidenziate in tema di impianto elettrico o salubrità degli ambienti connessa a infiltrazioni interne o addirittura tinteggiatura) delle quali non può essere in modo identico predicata la pericolosità per interessi di carattere collettivo, né assunta l'assenza di provvedimenti tipici idonei a farvi fronte; ne consegue che non si evidenzia in atti una effettiva necessità di un rimedio eccezionale ed extra ordinem quale quello scelto dal Comune.


Scheda n. 21

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Calabria, Catanzaro, 30.07.2014, n. 1225.

L'esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente del sindaco presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile, cui non si potrebbe far fronte col ricorso agli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento. Deve trattarsi di situazioni eccezionali di pericolo attuale ed imminente per l'incolumità pubblica, che impongono al sindaco di dare adeguata contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad usare tale strumento "extra ordinem" e presuppongono, comunque, l'impossibilità di utilizzare tempestivamente i rimedi normali offerti dall'ordinamento (ex plurimis: Cons. St., Sez. IV, 13 dicembre 1999, n. 1844). Peraltro, siffatto potere non può mai trasmodare in una violazione del principio di legalità e va ancorato ad una serie di principi che devono guidarne l'utilizzo, quali appunto la necessità e l'urgenza, la durata limitata nel tempo, la motivazione, ovvero la insussistenza di altri poteri per risolvere la questione: in sostanza, esso presuppone un'oggettiva situazione di effettivo e concreto pericolo per l'incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 16.2.2010, n.868; e Cons. Stato, Sez. V, 12.6.2009, n.3765; Cons. St., Ad. Plen., 30.7.2007, n. 10; Sez. V, 28.5.2007, n. 2109; Sez. II, 24.10.2007, n.2210).

Lo strumento dell'ordinanza contingibile ed urgente non appare, quindi, legittimamente utilizzato al fine di disporre la bonifica di un sito inquinato. Per queste ipotesi, infatti, l'articolo 242 del d.lgs. 152/2006 (codice dell'Ambiente) predispone una articolata procedura ad hoc.


Scheda n. 22

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Campania, Napoli, 5.09.2014, n. 4744; Sent. TAR Campania, Napoli, 5.09.2014, n. 4742; Sent. TAR Campania, Napoli, 5.09.2014, n. 4743; TAR Campania, Napoli, 28.07.2014, n. 4343

L'esercizio del potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti non può prescindere dalla ricorrenza di un pericolo concreto ed attuale di danno grave ed imminente per la salute pubblica, che richieda interventi non dilazionabili, al quale non possa provvedersi con mezzi ordinari. Ne discende che dette ordinanze devono normalmente essere precedute da un'attività istruttoria finalizzata all'accertamento della situazione di grave pericolo, concreto ed attuale, per il bene protetto della salute pubblica o dell'incolumità dei cittadini (cfr. ex multis, T.A.R. Campania, sez. I, 13 giugno 2005, n. 7804); pertanto, è stata ritenuta illegittima l'ordinanza contingibile e urgente che dispone la sospensione della concessione edilizia (volta all'istallazione di una stazione radio) basandosi unicamente sulle risultanze di una relazione redatta da un esperto di elettromagnetismo da cui emergevano perplessità di ordine ingegneristico biologico in ordine a tale installazione e se ne consigliava una differente allocazione, ma da cui non risultano gli specifici profili di pericolo per la salute pubblica (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 05 dicembre 2006 , n. 1572), per cui a maggior ragione deve ritenersi illegittima l'ordinanza impugnata non preceduta da alcuna attività istruttoria, e basata solo sul paventato pericolo per la salute dei cittadini e sulla necessità di adozione del regolamento ex art. 8 l. 36/2000.

Il riferimento a tali presupposti risulta attuale anche con richiamo alla disciplina dettata ora dall'art. 54 comma 4 DLgs. 267/2000, secondo cui "Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana..." (così T.A.R. Campania, VII, sentenza n. 610 del 25 gennaio 2013) risultando all'evidenza il carattere contingibile ed urgente della gravata ordinanza, evincibile anche dal contestuale riferimento all'art. 50 Dlgs. 267/2000, il cui comma 5 statuisce "In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali".


Scheda n. 23

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Toscana, 27.08.2014 n. 1381

Dopo che la Corte Costituzionale con la sentenza n. 115 del 2011 ha soppresso la congiunzione "anche", che era stata posta dal legislatore statale (con l'art. 6 del D.L. 23 maggio 2008, n. 9, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma primo, della legge 24 luglio 2008, n. 125) prima degli aggettivi "contingibili ed urgenti", il vigente art. 54, comma 4, D.Lg.vo n. 267/2000 – cui occorre avere riguardo nel caso di specie, avendo le sentenze modificative della Corte Costituzionale efficacia retroattiva (artt. 136, 1° comma, Cost., e 30, 3° comma, della legge 87/1953), con il solo limite delle situazioni soggettive definitivamente acquisite e delle questioni coperte dalla cosa giudicata, sicchè trovano applicazione anche nelle controversie pendenti, quale appunto quella in esame - risulta così formulato: "il Sindaco, quale Ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana".

Pertanto, tale norma prevede espressamente che per l'adozione delle suddette ordinanze sindacali debbono ricorrere cumulativamente i seguenti tre presupposti:

1) un grave pericolo che minaccia l'incolumità pubblica o la sicurezza urbana;

2) la contingibilità, cioè una situazione imprevedibile ed eccezionale, che non può essere fronteggiata con i mezzi ordinari previsti dall'ordinamento;

3) l'urgenza, causata dall'imminente pericolosità, che impone l'adozione di un efficace provvedimento straordinario in deroga ai mezzi ordinari previsti dalla normativa vigente.

A tali presupposti oggettivi va aggiunto un necessario presupposto soggettivo, cioè la riferibilità del bene interessato ad un soggetto che ne abbia altresì la disponibilità in quanto altrimenti, a tacer d'altro, l'ordine sarebbe illogicamente destinato a non poter essere eseguito, risultando di fatto (fra l'altro) unicamente lo strumento per ottenere un rimborso privato di oneri assunti dal soggetto pubblico.

Al riguardo, infatti, va altresì evidenziato che, secondo un costante e pacifico orientamento giurisprudenziale, trattandosi di un provvedimento atipico di carattere extra ordinem non disciplinato in modo puntuale dalla legge, non può derogare alle norme costituzionali e comunitarie ed anche ai principi generali dell'ordinamento giuridico, come quello comunitario del rispetto del criterio della proporzionalità, nel senso che la tutela dell'interesse pubblico sotteso (incolumità pubblica e/o sicurezza urbana) deve essere perseguita, oltre che facendo uso dei precetti della logica e dell'imparzialità ai quali deve sempre ispirarsi tutta l'attività amministrativa, con strumenti idonei a realizzare gli obiettivi perseguiti (tutela dell'incolumità pubblica e/o della sicurezza urbana), senza eccedere, utilizzando misure non necessarie per la tutela dell'interesse pubblico, e perciò cercando di incidere sui soggetti privati nella misura strettamente necessaria, provocando così il minor sacrificio possibile dei contrapposti interessi privati.

Nel caso di specie appaiono sussistere tutti gli elementi indicati, sia di carattere oggettivo, a fronte della evidente situazione di pericolo accertata, dell'urgenza di provvedere al fine di evitare rischi per l'incolumità pubblica derivanti dallo stato dei luoghi, sia soggettivo, in quanto l'ordinanza dà atto della rispettiva disponibilità e posizione; inoltre, l'evidenziata eccezionalità della situazione, lo stato dei luoghi e gli elementi accertati in fatto dalla p.a., il carattere specifico e dettagliato dei lavori indicati, confermano il rispetto dei predetti principi.


Scheda n. 24

Dei presupposti per l'esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco

Sent. TAR Sicilia, Palermo, 16.07.2014, n. 1889; TAR Sicilia, Palermo, 16.07.2014; n. 1890; TAR Sicilia, Palermo, 12.08.2014, n. 2180; TAR Sicilia, Palermo, 12.08.2014, n. 2181

Le ordinanze contingibili ed urgenti costituiscono una sorta di provvedimenti extra ordinem, in quanto derogano al principio di tipicità che normalmente presiede alla adozione dei provvedimenti amministrativi, al fine di consentire alla P.A. di sopperire a situazioni straordinarie ed urgenti che non potrebbero essere efficacemente fronteggiate attraverso l'uso dei poteri autoritativi ordinariamente previsti in capo all'amministrazione.

La giurisprudenza della Corte Costituzionale e del Giudice Amministrativo ha però individuato dei precisi limiti che devono comunque essere rispettati nell'adozione di tali atti, al fine di evitare che tale strumento, che si pone già ai limiti del principio di legalità - sul quale è fondato l'intero Ordinamento - possa legittimare atti slegati da alcun paradigma normativo con effetti pesantemente incidenti sulla realtà fattuale e giuridica.

Anche a volere seguire le ricostruzioni giurisprudenziali più estensive, secondo le quali l'adozione delle ordinanze contingibili ed urgenti è giustificata anche a fronte di situazioni determinatesi a seguito di una colpevole inerzia della stessa amministrazioni – in quanto condizione che non fa venir meno l'emergenza che, in ipotesi, si è venuta a determinare – costituisce, ai fini che interessano, limite invalicabile di tali atti la loro temporaneità, attraverso l'indicazione di una data certa oltre la quale perdono efficacia.

La necessità di tale limite temporale è connessa non soltanto alla stessa natura "contingibile" degli atti di cui si discute, ma all'ancora più pregnante rilievo che solo in via temporanea può essere consentito l'uso di strumenti extra ordinem, che permettono la compressione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge.

Nel nostro ordinamento la legge – con le garanzie ad essa connesse – costituisce il punto di sintesi dell'immanente conflitto tra autorità e libertà, che può essere derogato solo per straordinarie esigenze ed in via temporanea; oltre la temporaneità di tali interventi, nei limiti strettamente necessari, l'amministrazione deve provvedere attraverso gli ordinari strumenti specificatamente ed analiticamente disciplinati dalla legge.

La contingibilità del provvedimento deve essere rapportata al tempo necessario per fronteggiare il rischio con mezzi ordinari e non a quello – necessariamente più lungo ed indeterminato – necessario per la soluzione a regime della vicenda che ha determinato il rischio.

Diversamente opinando le ordinanze contingibili ed urgenti diverrebbero degli strumenti del tutto generici e, in ultima analisi, arbitrari, con grave compromissione del principio di legalità che deve presiedere a tutta l'azione della P.A.

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