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Illegittima per difetto di delega la previsione nel decreto sul federalismo fiscale municipale di norme sanzionatorie in materia di contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, in quanto esorbitante dai confini tracciati dal legislatore delegante

Sentenza n. 50/2014 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 14/03/2014 – Pubblicazione in G. U. del 19/03/2014

Motivi della segnalazione

In questa sentenza, per la parte di nostro interesse, la Corte costituzionale ha modo di soffermarsi sulla relazione che deve sussistere tra legge di delegazione e decreto legislativo delegato, con particolare riferimento all'individuazione dei confini entro cui il legislatore delegato può legittimamente muoversi senza che l'atto prodotto incorra nel vizio di difetto di delega. Nel caso di specie, al fine di verificare l'eventuale sussistenza di una violazione degli artt. 70 e 76 Cost., «l'art. 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale), nella parte in cui prevedono un meccanismo di sostituzione sanzionatoria della durata del contratto di locazione per uso abitativo e di commisurazione del relativo canone in caso di mancata registrazione del contratto entro il termine di legge, nonché l'estensione di tale disciplina – e di quella relativa alla nullità dei contratti di locazione non registrati – anche alle ipotesi di contratti di locazione registrati nei quali sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo, o di contratti di comodato fittizio registrati», è posto a confronto con i principi e criteri direttivi enunciati dalla legge n. 42/2009 (sul federalismo fiscale), che statuiscono, tra l'altro, il necessario rispetto dello statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000).

 

In via preliminare, il giudice delle leggi afferma che «A proposito dei rapporti che devono correlare la legge di delegazione approvata dal Parlamento e il decreto legislativo emanato dal Governo, questa Corte ha, in varie occasioni, avuto modo di sottolineare come il sindacato di legittimità costituzionale sulla delega legislativa si esplichi attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli. Il primo riguarda le disposizioni che determinano l'oggetto, i princípi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione, tenuto conto del contesto normativo in cui si collocano e si individuano le ragioni e le finalità relative. Il secondo riguarda le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i princípi e i criteri direttivi della delega».

La Corte afferma inoltre che, con particolare riguardo alle deleghe concernenti «interi settori di disciplina o, comunque, organici complessi normativi», la naturale possibilità che il Governo introduca nei decreti legislativi «disposizioni che costituiscano un coerente sviluppo e un completamento delle indicazioni fornite dal legislatore delegante» resta vincolata al rispetto dell'obbligo di operare «nel rigoroso àmbito dei "confini" stabiliti» dal Parlamento. Richiamando i contenuti della sentenza n. 80/2012, essa precisa che soluzioni innovative rispetto al quadro normativo previgente possono essere introdotte da legislatore delegato «soltanto nel caso in cui siano stabiliti princípi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalità del legislatore delegato».

Passando a prendere in esame, alla luce del quadro di principi e orientamenti di cui sopra, la fattispecie sottoposta al suo esame, la Corte richiama, in primo luogo, le finalità e l'oggetto della legge n. 42/2009, avente lo scopo, come noto, di dare attuazione all'art. 119 Cost., assicurando, attraverso la posizione dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario e la definizione della perequazione, l'autonomia finanziaria degli enti territoriali. Rispetto all'ambito normativo così individuato risultano del tutto estranee – afferma la Corte – le previsioni denunciate, le quali stabiliscono una determinazione legale di elementi essenziali di contratti di locazione ad uso abitativo, in caso di ritardata registrazione o di simulazione dei contratti, introducendo così una forma peculiare di sanzione di natura civilistica per comportamenti già peraltro previsti e sanzionati dalla normativa tributaria di settore.

Inconferente risulta, per il giudice delle leggi, il richiamo dell'Avvocatura generale dello Stato alla previsione, all'interno della legge n. 42/2009, secondo cui, assunto il contrasto all'evasione fiscale tra le finalità della legge di delegazione, sarebbe poi evocata l'introduzione, con decreto legislativo delegato, di «forme premiali per gli enti territoriali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggiore gettito». La Corte rileva infatti che, pur essendo la lotta all'evasione una delle finalità della succitata legge, essa non risulta tuttavia configurata come un criterio della delega, atto a circoscrivere con precisione l'ambito di intervento del legislatore delegato, mentre risulta, per altro verso, in nessun modo collegabile con le sopra citate "forme premiali" il peculiare meccanismo sanzionatorio introdotto dalle norme denunciate. E inoltre – aggiunge ancora la Corte – come notato dai giudici rimettenti, è riscontrabile tra i principi e criteri direttivi posti dal legislatore, quello che statuisce il necessario rispetto da parte del legislatore delegato dei principi stabiliti dallo statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212/2000), il quale prevede, all'art. 10, comma 3, che «le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto», affermazione da cui consegue, secondo il giudice delle leggi, che «tanto più, la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non può legittimare [...] addirittura una novazione – per factum principis – quanto a canone e a durata», cosa invece prevista dalle norme impugnate, le quali trascurano altresì di prevedere alcuna forma di obbligo di informazione a vantaggio del contribuente, come pure vorrebbe la succitata legge n. 212/2000.

Alla luce di tale percorso argomentativo, la Corte può conseguentemente rilevare come «la disciplina oggetto di censura [...] si presenti del tutto priva di "copertura" da parte della legge di delegazione: in riferimento sia al relativo àmbito oggettivo, sia alla sua riconducibilità agli stessi obiettivi perseguiti dalla delega», rilievo da cui si deduce la necessità di dichiarare incostituzionali le norme impugnate per violazione dell'art. 76 Cost., sotto il profilo del difetto di delega.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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