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Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (1/2016)

Periodo di riferimento: Novembre 2015 – Febbraio 2016

Nel periodo di riferimento considerato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha adottato un rilevante provvedimento di natura regolamentare, la Delibera n. 661/15/CONS [1], di seguito illustrata.

1. Le Alternative Dispute Resolution e l’amministrazione giustiziale 

Con la Delibera in commento l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha istituito un elenco pubblico di organismi abilitati a risolvere controversie (in materia di comunicazioni elettroniche e servizi postali) tramite l’attivazione, su base volontaria da parte del privato cittadino, delle procedure cd. Alternative Dispute Resolution (d’ora in poi, indicate con l’acronimo ADR).

Le ADR rappresentano una modalità di risoluzione dei conflitti fra le parti ancillare rispetto ai tradizionali rimedi giurisdizionali, ma avente una specifica finalità deflattiva, in quanto deputata a risolvere le criticità legate alla eccessiva durata e ai costi ingenti del processo statuale. Le ADR, difatti, mirano a garantire una giustizia più semplice e trasparente nelle sequenze procedimentali, celere, poco costosa, facilmente accessibile, nel rispetto del principio del contraddittorio tra le parti[2].

Con specifico riferimento al segmento delle comunicazioni elettroniche, come è noto, la legge istitutiva dell’Autorità, n. 249 del 1997, ha previsto l’impiego delle ADR quali strumenti atti a risolvere l’eventuale contenzioso nascente tra operatori e utenti durante la fornitura del servizio[3]. A tal fine, le ADR rappresentano strumenti negoziali di composizione di interessi antagonisti, “sussidiari” rispetto all’ordinario processo giurisdizionale, attivati innanzi a organismi dotati di elevata expertise tecnica. A tal proposito, nell’ambito dei conflitti eventualmente insorti fra le parti del rapporto (utente e operatore), occorre distinguere due fasi:

a) la fase relativa all’esperimento di un preliminare tentativo obbligatorio di conciliazione[4] innanzi al Comitato Regionale per le Comunicazioni territorialmente delegato o, in assenza, innanzi a un organismo alternativo, come le Camere di commercio[5];

b) la fase successiva[6], attivabile in caso di esito infruttuoso del tentativo obbligatorio, consistente nella definizione della controversia fra le parti (innanzi alla Co.re.com delegato o innanzi All’autorità amministrativa, nell’ipotesi in cui le parti non decidano di ricorrere al giudice ordinario)[7].

Come è stato sottolineato dalla più recente giurisprudenza, nel caso di insorgere di una controversia fra operatore e utente, l’organismo legislativamente preposto dinanzi al quale esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione assume la veste di un soggetto neutrale rispetto alle posizioni contrapposte, avente la funzione di “mediatore di interessi”. Sicché, quest’ultimo non adotta – a differenza dell’arbitrato – una decisione vincolante per le parti, piuttosto promuove l’individuazione di una soluzione negoziale della disputa, facilitando la formazione di un accordo stragiudiziale[8] in grado di individuare un punto di equilibrio condiviso fra le parti contrapposte.

Nel caso, invece, di eventuale e successiva definizione della controversia da parte dell’Autorità amministrativa (o del Co.Re.Com. delegato), dinanzi all’Autorità si svolge un procedimento amministrativo di tipo giustiziale[9] volto a risolvere un conflitto fra interessi contrapposti e classificato come esempio di “regulation by litigation[10]. A differenza degli ordinari ricorsi amministrativi, la controversia non coinvolge l’Autorità in qualità di parte, piuttosto questa è chiamata a dirimere il conflitto fra due soggetti terzi, l’operatore e l’utente finale. Oggetto del contendere non sono infatti i provvedimenti dell’Autorità, ma i conflitti sorti nell’ambito dei rapporti fra le parti.

La Cassazione[11] ha escluso che la decisione assunta dall’Autorità atta a dirimere le controversie tra operatori e utenti assuma natura “paragiurisdizionale”, poiché il nostro ordinamento non conosce un tertium genus fra amministrazione e giurisdizione e, d’altronde, la Costituzione all’art. 102 vieta di istituire giudici speciali. Il provvedimento dell’Autorità risolutivo della questione costituisce pertanto una decisione amministrativa[12] che non assume natura di cosa giudicata, ma è suscettibile di essere impugnato con gli ordinari rimedi giurisdizionali innanzi al Tribunale amministrativo.

La giurisprudenza citata ha dunque segnato un punto di svolta nell’ambito del dibattito dottrinale, sorto all’indomani della istituzione delle Autorità amministrative indipendenti, sulla natura della cd. “funzione giustiziale o contenziosa” svolta dalle prime.

Secondo una autorevole e più risalente impostazione, le Autorità indipendenti, oltre a svolgere funzioni tipicamente amministrative – vale a dire, esercitate in base a una valutazione comparata dei vari interessi compresenti, primari e secondari, ai fini della scelta da adottare nell’ambito dell’interesse pubblico – in determinati casi svolgono la funzione consistente nella “applicazione della legge, ancorché tale applicazione non consista nella meccanica traduzione della volontà astratta del legislatore in atti concreti, ma nella valutazione dei presupposti della fattispecie astratta, in base ai precetti tecnici richiamati dal legislatore e suscettibili di vario apprezzamento…[13]. L’attribuzione della funzione di garanzia dei diritti, svolta in posizione neutrale nell’ambito di un giudizio caratterizzato da elevata discrezionalità tecnica collocherebbe le Autorità in una posizione distante da quella amministrativa, inducendo a qualificare le funzioni di dette Autorità come para-giurisdizionali, cioè sostanzialmente contigue alla funzione decisoria del giudice.

In posizione distante da siffatta impostazione si pongono coloro che hanno sostenuto che le Autorità indipendenti, pur essendo soggette alla legge, siano al medesimo tempo preposte alla tutela degli interessi sensibili (pluralismo, mercato, privacy, tutela del risparmio…) che questa le attribuisce. In tal guisa, le Autorità risolvono il conflitto tra le parti intervenendo ex post a dirimere la controversia in qualità di amministrazione attiva, cioè perseguendo l’interesse primario tramite l’adozione di una decisione di natura amministrativa[14]. La natura discrezionale del potere di risoluzione delle controversie dell’Autorità comporta il riconoscimento di un potere di apprezzamento di tutte le circostanze di fatto che hanno condizionato il rapporto sottostante, e subordina la decisione finale al perseguimento e alla tutela dell’interesse pubblico affidato. In altri termini, la definizione della controversia da parte dell’Autorità è funzionalizzata alla mission da questa perseguita[15]. Le Amministrazioni indipendenti non si collocano dunque in posizione neutrale e indifferente rispetto agli interessi in conflitto, né assumono una funzione sostanzialmente giurisdizionale nel risolvere la controversia. Difatti, mentre l’amministrazione definisce il conflitto alla luce di un particolare interesse pubblico alla cui tutela è strutturalmente preposta, la funzione giurisdizionale è volta ad applicare la legge nei singoli casi concreti sottoposti al suo giudizio, ponendosi in posizione equidistante rispetto agli interessi coinvolti nel giudizio[16].

 

Le ADR nel framework europeo

L’attività di risoluzione dei conflitti da parte delle Autorità amministrative indipendenti si inserisce, come visto, nel più vasto tema delle ADR. Ormai da tempo l’Unione Europea spinge verso l’adozione di tali strumenti di risoluzione dei conflitti fra cittadini. Sul punto si segnalano, da ultimo:

  1. La Raccomandazione n. 9/2001, che specifica i caratteri inderogabili degli organismi ADR, quali l’indipendenza e l’imparzialità del soggetto giudicante, il rispetto del giusto procedimento e dell’uguaglianza fra le parti, la garanzia della trasparenza, l’esecuzione della decisione, la ragionevole durata del procedimento.
  2. La Direttiva 2013/11/UE[17] sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, nazionali e transfrontaliere, nello specifico ambito delle obbligazioni derivanti da contratti di vendita, ovvero di servizi, tra professionisti stabiliti nell’Unione Europea ed i consumatori ivi residenti. La Direttiva sulle ADR mira a conciliare due valori contrapposti: vale a dire, incrementare la formazione di un mercato unico delle comunicazioni elettroniche che coniughi i caratteri della libera prestazione dei servizi e la concorrenzialità nell’offerta con un elevato grado di tutela degli utenti nei rapporti con gli operatori. Più in particolare, la Direttiva è ispirata alla finalità di aumentare il livello di armonizzazione fra gli Stati garantendo ai soggetti consumatori l’opportunità, a livello transfrontaliero, di sollevare reclami innanzi ad organismi indipendenti, imparziali, tramite l’adozione di procedure trasparenti ed efficaci destinate alla risoluzione delle controversie fuori dalle aule di giustizia. Le disparità nella copertura, nella qualità e nella conoscenza dell'ADR tra gli Stati membri è considerata dall’Unione come una barriera allo sviluppo del mercato interno una delle ragioni per cui molti consumatori evitano di effettuare acquisti transfrontalieri, temendo che eventuali controversie con i professionisti non possano essere risolte in modo facile, rapido ed economico.
  3. Il regolamento UE n. 524 del 21 maggio 2013[18] che ha istituito un sistema online per la risoluzione stragiudiziale delle controversie, sia nazionali che transfrontaliere, nella materia delle obbligazioni derivanti da contratti di vendita, o di servizi, tra professionisti e consumatori entro l’Unione Europea (cd. ODR, acronimo di Online Dispute Resolution).

Il decreto legislativo n. 130 del 6 agosto 2015[19] recepisce e attua questi ultimi due provvedimenti europei, che hanno previsto lo strumento delle ADR quale meccanismo generale di risoluzione delle controversie, parallelo accanto ai rimedi classici giurisdizionali, da attivarsi anche tramite l’impiego di procedure telematiche.

In particolare, in base al nuovo decreto l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è incaricata della tenuta e l’aggiornamento di un elenco di soggetti abilitati a dirimere le controversie nel settore delle comunicazioni elettroniche e dei servizi postali, nonché della definizione dei requisiti minimi affinché tali soggetti siano dotati delle necessarie garanzie di indipendenza e competenza. A tal fine, il nuovo Regolamento dell’Autorità detta le regole procedurali necessarie per l’iscrizione dei soggetti all’interno di un elenco e la tenuta dell’elenco stesso, ai sensi del decreto legislativo n. 130 del 6 agosto 2015.

3. Il d. lgs.agosto 2015 , n. 130

Il d. lgs. 6  agosto 2015 , n. 130 relativo all’attuazione della direttiva 2013/11/UE sulla “risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori” apporta alcune modifiche al Codice del Consumo, tramite l’introduzione del Titolo II bis.

Tali nuovi previsioni sono applicabili alle diverse Autorità competenti nei vari settori, e cioè dinnanzi all’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, alla Banca d’Italia, alla Commissione nazionale per la società e la borsa nonché all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. L’elenco dei soggetti abilitati a risolvere le controversie su iniziativa volontaria, sull’operato del quale vigila l’autorità di volta in volta competente, sarà disponibile sul sito web dell’Autorità e notificato alla Commissione europea. Quest’ultimo verrà periodicamente aggiornato, per l’inserimento in un network europeo di tali organismi.

A tal proposito, l’Autorità è tenuta a notificare l’elenco degli organismi ADR al Ministero dello sviluppo economico quale “punto di contatto unico” con la Commissione europea. Difatti, data la presenza di molteplici Autorità settoriali, il d.lgs. 130/2015 ha previsto l’istituzione di un tavolo di coordinamento e indirizzo presso il Ministero dello sviluppo economico (tavolo composto da un rappresentante per ciascuna Autorità competente) cui sono assegnati compiti relativi alla definizione degli indirizzi per l’iscrizione nei registri delle varie Autorità, la individuazione  dei criteri generali di trasparenza e imparzialità, nonché la determinazione dell’indennità dovuta per il servizio prestato dagli organismi ADR. È altresì previsto o che le Autorità di settore incoraggino sia la massima cooperazione tra gli organismi di ADR nella risoluzione delle controversie transfrontaliere sia tra ADR ed Autorità nazionali attraverso uni scambio di informazioni sulle prassi vigenti.

Il decreto in commento sostituisce l’art. 141 del d.lgs. n. 206 del 6 settembre 2005 (cd. Codice del consumo), ed inserisce gli articoli dal 141-bis al 141-decies.

Il consumatore, in relazione ad ogni contratto di vendita o di prestazione di servizi che abbia dato luogo ad una controversia nazionale o transfrontaliera, può attivare con un “reclamo” una “procedura ADR” presso un “organismo ADR”.

Ai nuovi organismi di composizione alternativa delle controversie è quindi assegnato il compito di gestire la procedura, avanzando una proposta di composizione della lite. Le procedure, gestite dagli organismi Adr, saranno gratuite, o comunque potranno prevedere dei costi definiti come “minimi” a carico dei consumatori (art. 141-quater, comma 3, lettera c, cod. cons.) e dovranno uniformarsi ai principi fondamentali di indipendenza, imparzialità, trasparenza, efficacia, rapidità, equità.

La durata massima del procedimento è fissata in novanta giorni decorrenti dalla data di ricevimento, da parte dell’organismo ADR, del fascicolo completo della domanda. Solo in ipotesi di controversie particolarmente complesse, l’organismo ADR è legittimato a prorogare il termine fino a un massimo di novanta giorni, ed in tal caso le parti devono essere informate della proroga e del nuovo termine di conclusione della procedura.

 

4. Il contenuto della Delibera 661/15/CONS

Con l’adozione della Delibera 661/15/CONS gli utenti di servizi di comunicazioni elettroniche e dei servizi postali beneficiano di un ampliamento delle possibilità di tutela dei propri diritti, poiché sarà possibile ricorrere in via volontaria a procedure non giurisdizionali di definizione dei conflitti, tese alla composizione in via negoziale degli opposti equilibri in gioco.

Le nuove disposizioni si applicano alle procedure “volontarie” di composizione extragiudiziale per la risoluzione, anche in via telematica, delle controversie nazionali e transfrontaliere, tra consumatori e professionisti residenti o stabiliti nell’Unione europea, mentre è fatta espressamente salva la disposizione, di cui all’articolo 1, comma 11, della legge n. 249/1997, che prevede l’obbligatorietà del tentativo diconciliazione nelle controversie tra utenti ed operatori di comunicazioni elettroniche, secondo il procedimento delineato dalla delibera n. 173/07/CONS[20]. Pertanto, gli organismi ADR iscritti nell’elenco istituito dall’Autorità potranno essere chiamati a intentare una conciliazione nel settore dei servizi postali o nell’ambito delle comunicazioni elettroniche (per le controversie sorte in ambito nazionale o transfrontaliero) lì dove non è previsto il previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione o, in ipotesi estrema, essere aditi una volta esperito inutilmente tale tentativo, al fine di raggiungere una soluzione negoziale.

Il nuovo regolamento arricchisce i mezzi a disposizione dei cittadini per la tutela dei propri diritti nel settore dei servizi pubblici, moltiplicando gli organismi preposti alla composizione negoziale dei conflitti. A tal fine, il lancio di una efficace campagna educativa dell’utente circa l’utilizzo degli strumenti di tutela e salvaguardia dei diritti potrebbe determinare il successo delle nuove ADR, lì dove si tratta di forme di giustizia volontaria e dunque attivabili soltanto su iniziativa delle parti.

D’altro canto il nuovo Regolamento, in linea con lo spirito e gli obiettivi dell’Europa e del mercato unico, affianca alla giustizia “territorialmente decentrata” di Co.Re.Com. e Camere di Commercio una giustizia che supera i confini nazionali, poiché beneficia delle semplicità procedurale e della a-territorialità offerte dalla Rete. La connessione veloce, in questi termini, da obiettivo dell’Agenda Digitale e del Telcom Single Market diventa rappresenta strumento proattivo della realizzazione  mercato unico transfrontaliero.



[1]Delibera n. 661/15/CONS, Istituzione dell’elenco di organismi ADR, ai sensi dell’art. 141-decies del codice del consumo, e approvazione del regolamento sulla tenuta dell’elenco degli organismi ADR nel settore delle comunicazioni elettroniche e postale, reperibile al seguente link.

[2] Le ADR, strumento ampiamente circolato in ambito europeo e negli ordinamenti nazionali, si sono diffuse dapprima nell’ordinamento americano, a seguito della cd. Pound Conference, durante la quale fu celebrato il settantesimo anniversario del discorso di Nathan Roscoe Pound, fra i padri  fondatori del diritto civile statunitense, tenuto dinanzi all’American Bar Association sul tema “The Causes of Popular Dissatisfaction with the Administration of Justice”.

[3] Il servizio di somministrazione dell’utenza telefonica e di connessione alla rete comporta l’erogazione di un servizio pubblico essenziale, strumentale all’esercizio di diritti fondamentali. Il rapporto che sorge fra utente finale e operatore di servizi di comunicazione elettronica è  considerato, da un punto di vista privatistico, come un rapporto contrattuale. A tal proposito, il contratto di abbonamento telefonico, è qualificabile come un “contratto di adesione di diritto privato” (Cass., sez. III Civile, 2 dicembre 2002 n. 17041).

[4] Corte di Giustizia Europea, (Quarta Sezione) 18 marzo 2010 C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08, - (90), avente ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Giudice di pace di Ischia sull’obbligatorietà o meno del tentativo di conciliazione in materia di telecomunicazioni, ha ribadito che la normativa nazionale può imporre per siffatte controversie il previo esperimento di una procedura di conciliazione extragiudiziale, a condizione che tale procedura non conduca ad una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti, e purché la via elettronica non costituisca l’unica modalità di accesso a detta procedura di conciliazione e sia possibile disporre provvedimenti provvisori nei casi eccezionali in cui l’urgenza della situazione lo impone.

[5] Corte costituzionale, Ord. 125/2006, ha qualificato il tentativo obbligatorio di conciliazione non come condizione di proponibilità (per cui l’azione giudiziaria sarebbe irrimediabilmente inibita) ma come condizione di procedibilità, in cui l’azione è solo provvisoriamente preclusa. La conseguenza è che il Giudice, ove il tentativo di conciliazione non sia stato esperito, potrà sospendere il processo e rimettere in termini l’istante per l’adempimento stragiudiziale del rito alternativo. La condizione di procedibilità posta dall’art. 1 comma 11 della L. 249/1997, quindi, non viola gli art. 24 e 25 della Costituzione, e non si risolve in un attentato al diritto del cittadino di adire l’Autorità Giudiziaria dello Stato, ma può soltanto condizionare temporaneamente la procedibilità all’effettivo tentativo di conciliazione.    Corte Costituzionale, Ord. 51/2009, ha ritenuto che “la previsione di uno strumento quale il tentativo obbligatorio di conciliazione è finalizzata ad assicurare l’interesse generale al soddisfacimento più immediato delle situazioni sostanziali realizzato attraverso la composizione preventiva della lite rispetto a quello conseguito attraverso il processo; l’istituto in esame costituisce uno strumento volto ad assicurare un più elevato livello di protezione dei consumatori e promuovere la fiducia dei consumatori, in linea peraltro con le indicazioni di cui alla raccomandazione della Commissione CE del 4 aprile 2001 (Sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo)”.Corte costituzionale, 30 novembre 2007, n. 403 ha escluso l’obbligo del previo tentativo per i procedimenti cautelari. La previsione del tentativo sarebbe finalizzata ad assicurare l’interesse generale al soddisfacimento più immediato delle situazioni sostanziali, attraverso la composizione preventiva della lite, ma tale interesse svanisce in riferimento alle esigenze della immediatezza dell’azione cautelare.

[6] Il previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione deve essere inteso come condizione di procedibilità e non di proponibilità della domanda, (a differenza della improponibilità della domanda, che impedisce l’esperimento dell’azione giudiziaria).

[7] Diverso è il caso della risoluzione delle controversie fra operatori, per le quali non sussiste l’obbligo di esperire il previo tentativo obbligatorio di conciliazione, e il rapporto fra l’istanza di definizione della controversia dinanzi all’Autorità e l’azione in sede giudiziaria è di rigida alternatività con preferenza per la sede giurisdizionale. Pertanto, se è promossa l’azione giudiziaria non sarà più attivabile l’istanza innanzi all’Autorità, mentre nel caso in cui nel corso del procedimento innanzi all’Autorità si adisca l’Autorità giudiziaria, rimettendo ad essa, anche solo in parte, la cognizione della medesima controversia, la domanda diviene improcedibile. Sul punto, cfr. la delibera n. 226/15/CONS, recante il Regolamento concernente la risoluzione delle controversie tra operatori, reperibile al seguente link: .

[8]Cass. sez. III, n. 24334/2008,con specifico riferimento alle funzioni dei Co.re.com.

[9] F. Donati, L’ordinamento amministrativo delle comunicazioni, Torino, 2007, p. 210. Sul tema dell’amministrazione giustiziale, almeno, F. Benvenuti, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, p. 139; E. Balboni, Amministrazione giustiziale, Padova 1986; V. Caputi Jambrenghi, La funzione giustiziale nell’ordinamento amministrativo, Milano 1991; A. Pajno, Amministrazione giustiziale, in Enc. giur. Treccani, Roma 2000, II, 1 ss.

[10] G. Della Cananea, La definizione delle controversie nelle comunicazioni elettroniche: dall’Autorità ai comitati regionali, Relazione all’incontro di studio sui Comitati regionali di controllo per le comunicazioni organizzato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Roma, 19 marzo 2009.

[11] Cass., sez. I, 20 maggio 2002, n. 7341, con specifico riferimento ai provvedimenti del Garante per la protezione dei dati personali.

[12] Ad esempio, in caso di condanna dell’operatore ad effettuare rimborsi di somme risultate non dovute (che può equivalere allo storno delle somme non dovute che ancora non siano state pagate) o al pagamento di indennizzi nei casi previsti dal contratto, dalle carte dei servizi, nonché nei casi individuati dalle disposizioni normative o da delibere dell’Autorità.

[13] C. Malinconico, Le funzioni amministrative delle autorità indipendenti, in S. Cassese – C. Franchini, I garanti delle regole, Bologna, 1996, p. 43.

[14] E. Balboni, Amministrazione giustiziale, cit., passim.

[15] M. Simoncini, Amministrazione giustiziale e autorità amministrative indipendenti: profili comparati di tutela, in Revista Eletrônica de Direito, n. 9, 2015, p. 141.

[16] M. Manetti, Poteri neutrali e costituzione, Milano, 1994, p. 112.

[17] DIRETTIVA 2013/11/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2013 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n.  2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (Direttiva sull'ADR per i consumatori), reperibile al seguente link.

[18] REGOLAMENTO (UE) N. 524/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 21 maggio 2013 relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori e che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (regolamento sull’ODR per i consumatori).

[19] Decreto legislativo, 06/08/2015 n° 130, G.U. 19/08/2015.

[20] V. Delibera n. 173/07/CONS, Approvazione del regolamento sulle procedure di risoluzione delle controversie tra operatori di comunicazione e utenti, reperibile qui, nonché “Linee Guida in Materia di Risoluzione delle controversie tra utenti ed operatori nel settore delle comunicazioni elettroniche”, approvate con delibera n. 276/13/CONS,reperibili in: http://www.agcom.it/documents/10179/1/document/4c023e18-40c5-4040-b9e4-a116c6fd3ad0.

Per uno studio su natura e funzioni dei Co.Re.Com.- Comitati Regionali per le Comunicazioni, v. P. M. Manacorda e G. De Minico (a cura di), Regioni, Corecom e banda ultralarga, Bagno a Ripoli, 2011, passim.La giurisprudenza di merito qualifica i disservizi riscontrati dall’utente nell’ambito del rapporti di utenza come “danno esistenziale da inadempimento”. Tuttavia, la Sezioni Unite dalla Suprema Corte di Cassazione nel 2008, con le note sentenze n. 26972, 26973, 26974 e 26975 dell’11 novembre del 2008, impone che nel caso di specie debba essere provato il pregiudizio esistenziale, idoneo a superare quella soglia di sufficiente gravità e compromissione del o dei diritti lesi, individuato, in sede interpretativa, dalle Sezioni Unite del 2008, quale limite imprescindibile al risarcimento del danno non patrimoniale”.

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