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Rettificazione dell’attribuzione del sesso e intervento chirurgico: fra evoluzione culturale e interpretazione costituzionalmente orientata (3/2017)

Sentenza n. 180/2017– giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 13/07/2017 – Pubblicazione in G.U. 19/07/2017 n. 29

Motivo della segnalazione

Con la sentenza n. 180/2017 – una pronuncia interpretativa di rigetto – la Corte costituzionale ha esaminato una questione di legittimità avente ad oggetto l’art. 1, comma 1, della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso). La disposizione impugnata prevede che la rettificazione si fa in forza di una sentenza del tribunale passata in giudicato, emessa successivamente all’intervenuta modificazione dei caratteri sessuali della persona interessata.

Ad avviso del giudice a quo, la disposizione censurata – richiedendo che la rettificazione anagrafica dell’attribuzione di sesso sia preceduta dall’avvenuta modificazione dei caratteri sessuali attraverso trattamenti chirurgici altamente invasivi – pregiudicherebbe l’esercizio del diritto fondamentale all’identità di genere, così violando gli artt. 2 e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 8 CEDU. Sarebbero violati anche gli artt. 3 e 32 Cost., in considerazione dell’irragionevole subordinazione dell’esercizio di un diritto fondamentale – quello all’identità sessuale – al requisito della sottoposizione della persona interessata a trattamenti sanitari estremamente invasivi e pericolosi per la salute. La Corte rigetta la questione proponendo un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione impugnata, peraltro già desumibile dal diritto vivente formatosi nella giurisprudenza di legittimità. Stando a questa interpretazione, per ottenere la rettificazione dell’attribuzione di sesso non è necessario che sia già intervenuto l’apposito intervento chirurgico. Al contrario, l’acquisizione di una nuova identità di genere può essere l’esito di “un processo individuale che non postula la necessità di tale intervento, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale siano oggetto di accertamento anche tecnico in sede giudiziale”. La Corte costituzionale, dal canto suo, ha già preso atto di un’evoluzione culturale e ordinamentale che ha portato al riconoscimento del diritto all’identità di genere quale componente del diritto all’identità personale, ricompreso perciò a pieno titolo fra i diritti fondamentali della persona (sentenza n. 221/2015). Si deve perciò ritenere che la tutela della salute dell’individuo prevalga sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico; rispetto a questo bilanciamento l’intervento chirurgico si configura non come un ineludibile prerequisito, bensì come un mezzo possibile, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico.

Osservatorio sulle fonti

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