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La Carta sociale europea come parametro interposto di costituzionalità ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost. e il valore delle pronunce del Comitato europeo dei diritti sociali (1/2019)

Con le due sentenze n. 120 e 194 del 2018, adottate a distanza di poco tempo l’una dall’altra, la Corte Costituzionale ha riconosciuto alla Carta sociale europea (CSE) il valore di parametro interposto di costituzionalità ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost. Ha inoltre affrontato, per la prima volta, la questione del valore giuridico delle interpretazioni rese dal suo organo di controllo, il Comitato europeo dei diritti sociali (Comitato europeo).

La prima sentenza, n. 120 del 2018, ha censurato la disposizione dell’art. 1475, comma 2, del Codice dell’ordinamento militare che escludeva il diritto di aderire ad associazioni professionali a carattere sindacale riservate ai militari, per violazione, tra l’altro, dell’art. 5 della CSE quale parametro interposto ex art. 117, comma 1, Cost. In particolare, la Consulta ha dichiarato ammissibile il parametro di costituzionalità relativo alla CSE, considerando che la CSE presenta spiccati elementi di specialità rispetto ai normali accordi internazionali, elementi che la collegano alla CEDU. Secondo la Corte, infatti, la CSE costituisce il naturale completamento sul piano sociale della CEDU dando vita insieme a quest’ultima ad un sistema integrato di tutela dei diritti fondamentali, fondato sul principio dell’indivisibilità dei diritti umani.
L’idoneità della CSE a integrare il parametro di costituzionalità delle leggi ex art. 117, comma 1, Cost., è stata poi confermata dalla sentenza n. 194 del 2018, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 2, 3 e 4 del d.lgs. n. 23 del 2015, noto anche come Jobs Act, sulla disciplina dell’indennità del licenziamento, per violazione, tra l’altro, dell’art. 24 della CSE che tutela il diritto dei lavoratori licenziati “ad un congruo indennizzo”.
Per quanto riguarda il valore delle pronunce del Comitato europeo, l’organo di controllo della CSE che monitora l’adempimento degli obblighi da parte degli Stati contraenti, decidendo fra l’altro i ricorsi collettivi concernenti eventuali violazioni, nella sentenza n. 120 la Consulta ha adottato, invece, una posizione restrittiva. Secondo la Corte costituzionale: “le pronunce del Comitato, pur nella loro autorevolezza, non vincolano i giudici nazionali nella interpretazione della Carta, tanto più se – come nel caso in questione – l’interpretazione estensiva proposta non trova conferma nei nostri principi costituzionali”1. La Consulta ha quindi limitato l’incidenza degli orientamenti interpretativi del Comitato europeo nel giudizio interno di costituzionalità delle leggi, introducendo una netta distinzione rispetto all’autorità interpretativa generale della giurisprudenza elaborata dalla Corte europea dei diritti umani, ormai ampiamente riconosciuta (anche oltre il caso deciso) e ancorata dalla giurisprudenza costituzionale all’art. 32 della CEDU. Secondo la sentenza n. 120, in particolare, l’assenza nel testo della CSE di una disposizione analoga all’art. 32 della CEDU impedirebbe l’equivalenza di valore tra la giurisprudenza CEDU e gli orientamenti interpretativi del Comitato europeo.
Con la sentenza n. 194, la Corte pare aver manifestato maggiore apertura, in particolare valorizzando l’interpretazione del Comitato europeo - secondo la quale l’art. 24 della CSE che tutela il diritto dei lavoratori ad equo indennizzo, impone che l’indennizzo sia calcolato in misura da assicurare un adeguato ristoro per il pregiudizio subito dal lavoratore – nel giudizio sull’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate del Jobs Act.


1 Sentenza n. 120 del 2018, punto 13.4 del Considerato in diritto. Per una critica di questa posizione riduttiva della Corte Cost. si rinvia a D. Russo, I trattati sui diritti umani nell’ordinamento italiano alla luce delle sentenze n. 120 e 194 del 2018 della Corte Costituzionale, in Diritti umani e diritto internazionale, 2019, in corso di stampa.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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