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Regolamenti comunali in materia di tributi (1/2020)

CASS. CIV., sez. trib., 06 febbraio 2020, n. 2809

In base al Decreto n. 267 del 2000, art. 42, comma 2, vigente ratione temporis, la competenza del consiglio comunale è limitata ad alcuni atti fondamentali indicati dalla norma, tra i quali l'istituzione e ordinamento dei tributi con esclusione delle relative aliquote con esclusione della determinazione delle aliquote che costituisce attività di dettaglio che spetta proprio alla Giunta.

La Corte ha già chiarito con sentenza n. 16702 del 27 luglio 2007 (conformi Cass. n. 9216 del 2007, n. 24504 del 2009; n. 15555 del 2010; n. 1661 del 2013; n. 5068 del 2015; n. 15312 del 2018) che "In tema di imposta comunale sugli immobili (I.C.I.), poiché il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. g), riconosce al consiglio comunale la facoltà di "determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della limitazione del potere di accertamento del comune qualora l'imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato", i regolamenti comunali adottati in proposito, ai sensi del medesimo D.Lgs., art. 52, pur non avendo natura imperativa, sono assimilabili agli studi di settore, nel senso che si tratta di fonti di presunzioni dedotte da dati di comune esperienza idonei a costituire supporti razionali offerti dall'amministrazione al giudice, ed utilizzabili, quali indici di valutazione, anche retroattivamente, analogamente al c.d. redditometro. Di tale potere può fare uso la giunta comunale, cui la competenza in materia di I.C.I., già del consiglio comunale, è stata riassegnata dal D.Lgs. n. 267 del 2000".
Sul punto è stato ulteriormente precisato che in difetto di esercizio del potere regolamentare erga omnes da parte del consiglio comunale, e quindi di adozione di un atto idoneo a rivestire la forza ed il valore di fonte normativa secondaria, non può ritenersi preclusa per ciò stesso all'ente locale, attraverso l'organo di governo, lo svolgimento di una attività ricognitiva a fini statistici (trattandosi di attività strumentale all'esercizio delle funzioni di programmazione ed amministrative) dei valori commerciali degli immobili situati nel territorio comunale individuati secondo criteri omogenei per "zone territoriali", per "caratteristiche tipologiche uniformi", per "destinazione urbanistica" desunti da ricerche di settore ovvero dai dati rilevati dalle CCIAA ", rientrando anche tale attività di rilevazione statistica nelle competenze istituzionali del Comune  ente autonomo politico a fini generali , e non essendo individuabile in tale materia, certamente non riconducibile alla materia concernente la "istituzione e l'ordinamento dei tributi una riserva di legge a favore dell'organo consiliare (cfr. Cass. n. 13105 del 2012; Cassazione civile, sez. trib., 30/10/2018, n. 27572).
Nel solco di tale indirizzo è stato altresì rilevato che le delibere con le quali la giunta municipale provvede ai sensi della L. n. 446 del 1997, art. 52, ad indicare i valori di riferimento delle aree fabbricabili costituiscono esercizio del potere riconosciuto al consiglio comunale dalla L. n. 446 del 1997, art. 59, lett. G., e riassegnato alla giunta dal D.Lgs n. 267 del 2000, di determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della delimitazione del potere di accertamento del comune qualora la imposta sia versata in misura non inferiore a quella predeterminata (Cass. 2019 n. 17248).

Osservatorio sulle fonti

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