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Le nuove leggi regionali sulle concessioni idroelettriche: un percorso tormentato (1/2021)

L’art. 11-quater del d.l. n. 135 del 2018 (c.d. decreto semplificazioni – cfr. la scheda del Servizio studi della Camera) ha disposto il passaggio dallo Stato alle Regioni della proprietà delle opere idroelettriche e della gestione delle relative concessioni “al fine di definire una disciplina efficiente e coerente con le disposizioni dell'ordinamento dell’Unione europea” (comma 1). Secondo il disegno di questa disposizione, “le regioni disciplinano con legge, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e comunque non oltre il 31 marzo 2020 le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico” (comma 1-ter). Il termine è stato successivamente prorogato al 31 ottobre 2020. I contenuti delle leggi regionali sono peraltro in gran parte predeterminati nei contenuti essenziali dallo stesso art. 11-quater. La Regione Toscana ha impugnato la disposizione davanti alla Corte costituzionale lamentandone appunto il carattere eccessivamente invasivo delle scelte regionali. La Corte, pronunciandosi con sentenza n. 155 del 2020 (cfr. G. Boggero in Osservatorio AIC 6/2020), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 1-quinquies e 1-septies nelle parti in cui predeterminavano la destinazione del canone delle concessioni (al comma 1-quinquies si prevedeva che almeno il 60 per cento del canone andasse “alle province e alle città metropolitane il cui territorio è interessato dalle derivazioni”, e analogamente nel comma 1-septies con riferimento al canone aggiuntivo). Ciò in quanto si trattava di disposizioni di dettaglio non compatibili con il carattere concorrente della competenza statale e in ogni caso lesive della autonomia finanziaria regionale.

Chiusosi questo primo atto davanti alla Consulta, le Regioni interessate hanno iniziato ad esercitare la propria competenza legislativa in materia con diverse leggi regionali. Si segnalano ad oggi (1 marzo 2021) le seguenti leggi finora approvate:

legge reg. Lombardia n. 5 dell’8 aprile 2020;

legge reg. Veneto n. 27 del 3 luglio 2020;

legge PA Trento n. 8 del 21 ottobre 2020;

legge reg. Piemonte n. 26 del 29 ottobre 2020;

legge reg. Friuli-Venezia Giulia, n. 21 del 6 novembre 2020;

legge reg. Emilia-Romagna n. 9 del 16 dicembre 2020.

Ancora in discussione le proposte di legge in materia in Toscana, in Abruzzo e in Umbria.

Tale legislazione risulta di particolare rilevanza per le regioni Piemonte e Lombardia e per la PA di Trento, dato che in questi territori si concentra la maggior parte della produzione idroelettrica italiana. I legislatori regionali hanno assunto approcci diversi. In particolare, Lombardia e Piemonte hanno tentato di fornire una regolamentazione di legge maggiormente analitica; il Veneto si è limitato invece a una legge del tutto minimale, rinviando quanto al resto a determinazioni della Giunta.

A breve la Corte costituzionale si dovrà pronunciare su alcune disposizioni delle leggi di Lombardia, Piemonte e PA Trento che sono state impugnate dal Governo (cfr. ricorsi pendenti nn. 51 e 104 del 2020 e n. 1 del 2021). Secondo il Governo la legge regionale lombarda sarebbe andata oltre la legge cornice, invadendo ambiti di competenza statale, nel prevedere che le opere idroelettriche confluiscano nel patrimonio regionale; essa inoltre avrebbe omesso di disciplinare alcuni aspetti del regime concessorio rinviando a regolamenti regionali, violando così la “riserva di legge regionale” prevista dall’art. 11-quater; infine essa si porrebbe in violazione dell’art. 9 Cost. consentendo interventi di miglioramento e risanamento ambientale dei bacini idrografici al di fuori dei vincoli dati dai piani paesaggistici. Analoghe le censure sulla violazione della “riserva di legge regionale” sono state sollevate anche in relazione alla legge piemontese. In aggiunta, la legge regionale piemontese è stata impugnata anche perché compierebbe differenziazioni ingiustificate, alla luce della “Direttiva servizi”, nel sottrarre alcune tipologie di concessioni alla procedura pubblica di selezione prevista per la assegnazione. Il Governo si duole anche che la legge piemontese non preveda un meccanismo di coinvolgimento dell’ARERA nel procedimento di determinazione dei canoni. Quanto alla legge trentina, le censure si volgono soprattutto verso presunte violazioni dei principi UE in materia di concorrenza, con particolare riferimento ai requisiti richiesti ai fini della partecipazione alle procedure di assegnazione delle concessioni.

È verosimile che le Regioni che non ancora hanno legiferato in materia stiano in attesa delle indicazioni che verranno dalla Consulta.

Osservatorio sulle fonti

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