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La Corte di giustizia chiarisce che l’effetto diretto orizzontale del principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici trova applicazione anche in relazione a prestazioni lavorative «di pari valore» (2/2021)

Sentenza della Corte di giustizia (Seconda Sezione) del 3 giugno 2021, Tesco Stores, Causa C‑624/19, ECLI:EU:C:2021:429

La Corte di Giustizia, pronunciandosi per la prima volta su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione definito dall’Accordo di recesso, ha chiarito che l’effetto diretto orizzontale del principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici, sancito dall’articolo 157 TFUE, trova applicazione sia in relazione alle condizioni relative a uno «stesso lavoro» che a quelle riguardanti un «lavoro di pari valore». Essa ha altresì precisato che tale efficacia diretta può essere invocata anche qualora il lavoro di pari valore sia svolto in stabilimenti diversi, poiché esso deve ritenersi riconducibile a un’unica fonte.

 

Con la sentenza Tesco Stores, la Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi circa la possibilità di riconoscere effetti diretti all’articolo 157 TFUE[1], nell’ipotesi in cui la violazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile sia fatta valere per un «lavoro di pari valore».

La pronuncia trae origine da un rinvio pregiudiziale sollevato dal Watford Employment Tribunal (Tribunale del lavoro di Watford) del Regno Unito nell’ambito di un ricorso presentato davanti ad esso da alcuni dipendenti ed ex dipendenti, sia di sesso maschile che femminile, della Tesco Stores. Le ricorrenti di sesso femminile lamentavano, in particolare, di aver subito una violazione del principio della parità di retribuzione sancito, oltre che dalla legge nazionale, dall’articolo 157 TFUE. Esse fondavano la propria pretesa sulla considerazione che il loro lavoro e quello svolto dai dipendenti di sesso maschile presso altri centri di distribuzione della rete di Tesco avevano lo stesso valore e, pertanto, potevano essere oggetto di comparazione, nonostante fossero stati svolti presso stabilimenti diversi. Inoltre, ad avviso delle ricorrenti, le loro condizioni di lavoro e quelle dei lavoratori uomini dovevano ritenersi riconducibili ad una «unica fonte». Tale interpretazione era contestata dalla Tesco sostenendo, in primo luogo, che il principio della parità di retribuzione, di cui all’articolo 157 TFUE, avrebbe effetto diretto solo qualora sia invocato in riferimento alle condizioni relative a uno «stesso lavoro»; tale effetto diretto non potrebbe, invece, riconoscersi quando si applica il criterio del «lavoro di pari valore» poiché, in questo caso, l’articolo 157 deve essere integrato da ulteriori disposizioni di diritto nazionale o di diritto UE. In secondo luogo, la Tesco sosteneva che le condizioni di lavoro esistenti nei diversi negozi e centri di distribuzione facenti parte della sua rete non fossero riconducibili a un’unica fonte e non potessero quindi essere oggetto di comparazione ai fini dell’applicazione del principio della parità retributiva.

La pronuncia appare particolarmente rilevante poiché la Corte si è trovata, innanzitutto, ad accertare l’esistenza della propria competenza a pronunciarsi in relazione al rinvio. Esso, infatti, era stato presentato dopo che il Regno Unito aveva formalmente notificato la propria intenzione di recedere dall'UE e quando erano in corso i negoziati per il futuro Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica[2]. La Corte ha affermato la propria competenza in forza dell’articolo 86 dell’Accordo di recesso, entrato poi in vigore il 1° febbraio 2020. In forza di tale disposizione, la Corte di Giustizia mantiene la propria competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale su tutte le domande presentate dai giudici del Regno Unito prima della fine del periodo transitorio, fissato al 31 dicembre 2020.

Per quanto concerne la questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio, la Corte ha respinto l’argomentazione prospettata dalla Tesco, richiamando innanzitutto la formulazione dell’articolo 157 TFUE. Essa ha, in particolare, evidenziato che tale disposizione, prevedendo l’applicazione del principio della parità retributiva tra lavoratori e lavoratrici per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, «impone, in modo chiaro e preciso, un obbligo di risultato e ha carattere imperativo tanto per quanto riguarda uno “stesso lavoro” quanto con riferimento a un “lavoro di pari valore”» (par. 20).

La Corte ha svolto un’importante precisazione con riguardo alla distinzione, operata nella sentenza Defrenne[3], in riferimento all’allora articolo 119 del Trattato CEE, divenuto poi l’articolo 141 TCE e attualmente l’articolo 157 TFUE. In tale sentenza, la Corte aveva operato una distinzione tra «le discriminazioni dirette e palesi, che si possono accertare con l'ausilio dei soli criteri di identità del lavoro e parità di retribuzione», da un lato e «le discriminazioni indirette e dissimulate, che possono essere messe in luce solo valendosi di disposizioni d'attuazione più precise, di carattere comunitario o nazionale», dall’altro[4]. Alla prima categoria, la Corte aveva ricondotto, tra le altre, le ipotesi in cui sia prevista una diversa retribuzione per i lavoratori e le lavoratrici in relazione allo stesso lavoro, svolto nella medesima azienda. A fronte dell’argomentazione della Tesco Stores, che aveva richiamato questa giurisprudenza a sostegno della sua tesi secondo cui l’articolo 157 TFUE non avrebbe efficacia diretta nell’ipotesi in cui la diversa retribuzione riguardi lavoratori che svolgono un lavoro diverso, il giudice del rinvio dubitava della possibilità di ricondurre le circostanze del caso di specie alla prima categoria di discriminazioni individuate nella sentenza Defrenne e, dunque, di riconoscere effetto diretto all’articolo 157 TFUE.

Nella sentenza in commento, la Corte, dopo aver richiamato quanto affermato nella sentenza Defrenne, ha precisato che, come emerge dalla giurisprudenza successiva, nell’ambito della prima categoria di discriminazioni in cui il principio della parità retributiva si applica direttamente, rientrano tutte quelle situazioni rispetto alle quali il giudice è in grado di individuare gli elementi fattuali necessari a consentirgli di valutare se la lavoratrice riceva una retribuzione inferiore rispetto a un lavoratore «che svolga lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore»[5].

Del resto, come già precisato dalla Corte[6], la questione relativa alla possibilità di qualificare il lavoro svolto dai lavoratori in questione come un lavoro di pari valore è una valutazione di tipo meramente «qualitativo» spettante al giudice nazionale che, alla luce della concreta natura delle prestazioni lavorative svolte, valuterà se esse possano considerarsi o meno di pari valore.

Proprio alla luce di tale giurisprudenza, nella pronuncia Tesco Stores, la Corte è giunta a precisare che l’effetto diretto orizzontale dell’articolo 157 TFUE deve riconoscersi anche nelle ipotesi in cui i lavoratori oggetto della comparazione svolgano un lavoro di pari valore.

La Corte ha, inoltre, evidenziato che un’interpretazione secondo cui, a fini del riconoscimento dell’efficacia diretta dell’articolo 157 TFUE, bisognerebbe distinguere a seconda che il principio della parità retributiva si riferisca a uno «stesso lavoro» o a un «lavoro di pari valore», andrebbe a «compromettere l’effetto utile» della disposizione e il raggiungimento dell’obiettivo da essa perseguito (par. 35).

A questo riguardo, la Corte ha rilevato che l’articolo 157 TFUE ha l’obiettivo di eliminare qualsiasi discriminazione basata sul sesso per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore e, in tal modo, assicura il principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici che costituisce un principio fondamentale dell’Unione. Inoltre, la promozione della parità tra uomini e donne costituisce uno degli obiettivi perseguiti dall’UE, ai sensi dell’articolo 3, par. 3, TUE e tale parità è tutelata con riferimento a tutti gli ambiti – e, dunque, anche in materia di occupazione, lavoro e retribuzione – dall’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.

Da ultimo, la Corte, da un lato, ha ribadito che l’ipotesi in cui le differenze retributive dei lavoratori i quali, pur svolgendo uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore non siano riconducibili a un’unica fonte, non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 157 TFUE, stante l’impossibilità di individuare un soggetto responsabile della disuguaglianza[7]. D’altra parte, essa ha specificato che, qualora invece le attività lavorative oggetto di comparazione ai fini del principio della parità retributiva siano riconducibili a uno stesso lavoro o a un lavoro di pari valore, la circostanza che esse siano svolte presso stabilimenti diversi non preclude l’applicazione del criterio dell’unica fonte ai fini della comparabilità di cui all’articolo 157 TFUE. Pertanto, tale disposizione ha efficacia diretta anche nell’ambito di controversie in cui sia fatta valere la violazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori e lavoratrici per un lavoro di pari valore svolto presso stabilimenti diversi.

 

[1] Articolo 157, par. 1, TFUE: «Ciascuno Stato membro assicura l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore».

[2]  Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica, GU L 29 del 31.1.2020, pp. 7-187; al riguardo, si veda la scheda curata da N. Lazzerini in questa Rivista, 2020, 1; la decisione del Watford Employment Tribunal di sollevare un rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia è del 21 agosto 2019.

[3] Corte di Giustizia, sentenza del 8 aprile 1976, Defrenne, causa C-43/75.

[4] Ibi, punto 18.

[5] Corte di Giustizia, sentenza dell’11 marzo 1981, Worringham e Humphreys / Lloyds Bank, causa C-69/80, punto 23 (corsivo aggiunto).

[6] Corte di Giustizia, sentenze del 31 maggio 1995, Specialarbejderforbundet i Danmark / Dansk Industri, C‑400/93, EU:C:1995:155, punto 42 e del 26 giugno 2001, Brunnhofer, C‑381/99, EU:C:2001:358, punti 42 e 49.

[7] Tale aspetto era già stato affermato dalla Corte nelle sentenze, qui richiamate, sentenze del 17 settembre 2002, Lawrence e a., C‑320/00, EU:C:2002:498, punti 17 e 18, e del 13 gennaio 2004, Allonby, C‑256/01, EU:C:2004:18, punto 46.

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