Un caso di eccesso di delega (con monito) in materia penale (3/2022)

Sentenza n. 175/2022 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 14/07/2022 – Pubblicazione in G.U. 20/07/2022 n. 29

 

Motivo della segnalazione

Con la sentenza n. 175/2022 la Corte costituzionale ha accolto una questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 158/2015, recante revisione del sistema sanzionatorio penale tributario, e dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 274/2000. Ad avviso del giudice rimettente, le disposizioni impugnate, ampliando la fattispecie incriminatrice del delitto di omesso versamento delle ritenute, non avrebbero avuto alcuna copertura nella delega di cui all’art. 8 della legge n. 23/2014, con conseguente violazione degli artt. 76 e 77, primo comma, Cost. Sarebbero altresì stati violati il principio di stretta legalità (art. 25, secondo comma, Cost.) e i principi di eguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 Cost.).

Dopo aver ripercorso l’evoluzione normativa relativamente all’omesso versamento di ritenute, la Corte ha ricordato che l’art. 1, comma 414, della legge n. 311/2004 ha introdotto un nuovo art. 10-bis del d.lgs. n. 74/2000, che prevede il delitto di omesso versamento delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 50.000 euro per ciascun periodo d’imposta. Successivamente, con l’art. 8 della legge n. 23/2014 il Governo è stato delegato a procedere alla revisione del sistema sanzionatorio penale tributario. In attuazione di tale delega, l’art. 7, comma 1, lettere a) e b), del d.lgs. n. 158/2015 ha modificato l’art. 10-bis del d.lgs. n. 74/2000: la fattispecie incriminatrice copre ora l’omesso versamento non solo delle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, ma anche di quelle dovute sulla base della stessa dichiarazione. In precedenza il mancato versamento di queste ultime dava luogo a un illecito amministrativo.

Il giudice delle leggi ha ritenuto la questione di costituzionalità fondata. In ambito penale il legislatore delegante deve adottare principi e criteri direttivi “configurati in modo assai preciso, sia definendo la specie e l’entità massima delle pene, sia dettando il criterio, in sé restrittivo, del ricorso alla sanzione penale solo per la tutela di determinati interessi rilevanti”. In questo ambito, del resto, il controllo sul rispetto di tali principi e criteri direttivi da parte dell’esecutivo “è anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità, spettando al Parlamento l’individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili”.

Ora, la disposizione impugnata ha introdotto una nuova fattispecie di reato, rendendo penalmente perseguibile una condotta che in precedenza costituiva illecito amministrativo tributario. Del resto, ricorda la Corte, si tratta di due condotte che per lungo tempo hanno avuto un trattamento giuridico ben distinto: “L’elemento differenziale era costituito proprio dalle certificazioni delle ritenute rilasciate dal sostituto ai sostituiti. Il legislatore dell’epoca riteneva più grave la condotta del sostituto, che metteva in circolazione le certificazioni, utilizzabili dai sostituiti per l’assolvimento del loro obbligo tributario, e poi ometteva il versamento delle ritenute certificate”. Pur fra alterne vicende, questo indirizzo era stato confermato, da ultimo, dal legislatore del 2004.

La delega di cui all’art. 8 della legge n. 23/2014 ha dato l’avvio a una revisione del sistema sanzionatorio penale tributario lungo direttrici. In primo luogo, il legislatore delegato aveva la facoltà di rivedere le pene, nel rispetto di un intervallo della pena detentiva compreso fra un minimo di sei mesi e un massimo di sei anni. C’era altresì la possibilità di ridurre le sanzioni per le fattispecie meno gravi o di applicare sanzioni amministrative anziché penali. Il “verso della delega”, infatti, era nel senso della mitigazione delle pene e finanche della depenalizzazione. In secondo luogo, era prevista la possibilità di configurare nuove fattispecie penali, ma con riferimento, in sostanza, a “gravi condotte insidiose per il fisco, poste in essere da chi con frode o falsificazione di documenti mira a sottrarsi all’obbligo tributario”. Non si può dire che sia ascrivibile a questa categoria la condotta di chi non versa le ritenute indicate nella dichiarazione come sostituto d’imposta. Tale condotta, se mai, sarebbe potuta rientrare tra le fattispecie meno gravi già citate in precedenza. In buona sostanza, insomma, il legislatore delegato ha introdotto all’art. 10-bis del d.lgs. n. 274/2000 una nuova fattispecie penale senza essere stato autorizzato a farlo dalla legge di delega.

La Corte costituzionale, inoltre, ha rigettato le argomentazioni dell’Avvocatura generale dello Stato, secondo cui con la disposizione impugnata il Governo avrebbe perseguito finalità latamente interpretative, chiarendo la portata di una fattispecie su cui era allora in corso un vivace dibattito giurisprudenziale. Non sono argomenti sufficienti a “salvare” la scelta d’introdurre una nuova fattispecie penale: la disposizione, che non presenta la formulazione tipica delle norme d’interpretazione autentica, amplia il perimetro della condotta penalmente rilevante.

Dall’accoglimento della questione di costituzionalità è derivata, in via conseguenziale, la declaratoria d’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b), del già citato d.lgs. n. 158/2015.

La pronuncia della Corte ha avuto per effetto il ripristino del regime vigente prima dell’entrata in vigore dello stesso d.lgs. n. 158/2015. Il giudice delle leggi ha tuttavia segnalato che i più recenti sviluppi della giurisprudenza civile hanno fatto venir meno, in caso di omesso versamento da parte del sostituto, la responsabilità solidale del sostituito in sede di riscossione. Risultano perciò attenuate le ragioni che in passato consentivano l’identificazione di una fattispecie più grave, sanzionata penalmente; ma “[s]petta al legislatore rivedere tale complessivo regime sanzionatorio per renderlo maggiormente funzionale e coerente”.

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