Interna corporis degli organi costituzionali

Recenti modifiche alle «Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale»(2/2022)

Davanti alla Corte Suprema un avvocato, se riesce a parlare tre minuti senza essere interrotto, ha già parlato troppo.
Questo esige una forte preparazione di tutti sul tema, ma certo rende la cosa più viva” (Amato, 2022)

 

La Corte costituzionale in sede non giurisdizionale ha adottato la delibera 24 maggio 2022, con cui sono state realizzate significative modificazioni delle «Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale». Il quadro normativo è completato dal decreto 30 maggio 2022 del Presidente della Corte costituzionale, di esecuzione alla delibera.
Prima di analizzare il contenuto dei due atti, risulta necessario riflettere sul profilo formale degli stessi. Di primo acchito, data l’estrema brevità del decreto e della stessa delibera, verrebbe da chiedersi se le norme non potessero essere adottate unitariamente in sede non giurisdizionale. La scelta effettuata si potrebbe giustificare alla luce della formulazione dell’art. 18 della l. 87/1953, il quale non stabilisce particolari limiti di competenza al decreto del Presidente della Corte costituzionale, definendolo tuttavia un provvedimento.

Nella prassi più recente il decreto del Presidente della Corte costituzionale è stato impiegato per disporre su materie urgenti o per la produzione di norme dell’efficacia limitata in via di fatto. È plausibile che si sia scelto di procedere con una modifica delle Norme integrative per conseguire una maggiore condivisione di responsabilità da parte dell’intero collegio.
Gli obiettivi del complesso normativo sono essenzialmente due: (i) incentrare la discussione sui profili di maggiore criticità del giudizio, orientandolo con opportuni strumenti procedurali; (ii) istituzionalizzare e disciplinare il dialogo tra giudici e avvocati, già esistente in via di prassi.

Il primo proposito è perseguito con un’estensione delle facoltà del giudice relatore, il quale da ora «può formulare specifici quesiti […], ai quali i difensori rispondono oralmente nell’udienza pubblica. Stante un tempo complessivo normalmente di quindici minuti, ai sensi dell’art. 10, comma 3 delle Norme integrative, la produzione di un numero sensibile di quesiti scritti potrebbe indirizzare non poco gli interventi degli avvocati.
Le nuove norme pongono notevole attenzione sulla pubblicità dei quesiti, i quali:
I. sono comunicati preventivamente ai difensori e al resto del collegio almeno cinque giorni prima da parte del Cancelliere della Corte;
II. sono reiterati dal giudice relatore in apertura d’udienza con i termini essenziali della causa.
Alle parti sono altresì comunicate dal Cancelliere i tempi a loro disposizione, determinati dal Presidente, per svolgere le proprie difese e rispondere ai quesiti.
Nel decreto 30 maggio 2022 grande rilevanza è data a ulteriori disposizioni relative alla razionalizzazione dei tempi. La relazione iniziale d’udienza è sostituita dalla già menzionata introduzione del giudice relatore, di regola non superiore a cinque minuti. Inoltre, onde evitare prolusioni identiche o similari tra loro, è previsto che, se una parte o un interveniente dispone di più difensori, questi devono dividersi il tempo assegnato alla parte tra loro. Le finalità di economia processuale emergono ancora più nettamente nell’estensione della regola anche a più parti che sostengano la medesima posizione.
Il secondo obiettivo della riforma è la regolamentazione del dialogo tra avvocati e giudici. Sebbene certamente esistente in via di prassi – come eccezione rispetto alla formalità delle udienze pubbliche della Corte – tale dialogo è ora formalizzato.
L’intenzione è stata perseguita con una revisione profonda dell’art. 19 delle Norme integrative. Il riconoscimento del dialogo in udienza è attuato con l’inserzione del nuovo comma 3: «3. Ciascun giudice può formulare in udienza ulteriori domande ai difensori». Le ulteriori domande possono essere poste una volta «concluse le difese orali o nel corso di esse», purché in ogni caso rispettino il requisito della brevità.
Incedendo oltre una semplice parafrasi del testo normativo, dati più interessanti si ricavano dal confronto dell’attuale art. 19 con la sua precedente versione. A colpire particolarmente è il raffronto dell’attuale comma 4 che ha sostituito il precedente comma 3. Per semplicità del lettore riportiamo di seguito i testi in questione.

«3. Il Presidente dirige la discussione, anche indicando i punti e i tempi nei quali essa deve contenersi».
«4. Il Presidente dirige la discussione e stabilisce i tempi nei quali le difese orali debbono contenersi».

La variazione sintatticamente parlando è minima, eppure esprime una concezione apprezzabilmente differente dal punto di vista giuridico.
Dalla formulazione precedente traspare un rito assai rigido: il Presidente non solo dirige la discussione, ma la contiene; la discussione stessa è strutturata secondo punti e tempi. A seguito della riforma, la ratio della norma pare invece quella di favorire l’interlocuzione, eliminando infatti ogni riferimento a possibili limitazioni della discussione. A dover essere contenute sono anzi le difese orali.
Ad ogni modo, ad oggi, è scarsamente prevedibile l’evoluzione che la figura del Presidente della Corte costituzionale conoscerà in relazione alle sue nuove prerogative di conduzione del libero dialogo tra avvocati e collegio. Sarà probabilmente la prassi dell’aula a determinare la nascita di specifici istituti per la regolazione del confronto.
Citazioni
Amato, G. (01/04/2022). Fiducia nel dialogo, non solo fra le Corti. (D. Stasio, Intervistatore) Tratto da https://www.cortecostituzionale.it/categoriePodcast.do (25:18).

 

 

Osservatorio sulle fonti

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