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Causa C-72/15 Rosneft – Sulla (limitata) competenza pregiudiziale della Corte di giustizia in ambito PESC (2/2017)

Sentenza della Corte di Giustizia (Grande sezione) del 28 marzo 2017, Rosneft, ECLI:EU:C:2017:236

Il rinvio pregiudiziale nella causa Rosneft ha fornito alla Corte di giustizia l’occasione per precisare la propria competenza nell’ambito della Politica estera e di sicurezza comune (“PESC”). In particolare, la Corte ha ritenuto di possedere una limitata competenza in via pregiudiziale rispetto ad alcune misure PESC, pur in assenza di una previsione espressa in tal senso. La High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Divisional Court) aveva infatti adito la Corte di giustizia in via pregiudiziale, chiedendo di verificare, tra l’altro, la validità di alcune disposizioni della decisione 2014/512/PESC del Consiglio, del 31 luglio 2014, concernente misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina1.
L’art. 24, par. 1, secondo comma, ultima frase, TUE, esclude la competenza della Corte di giustizia rispetto alle disposizioni del TUE relative alla PESC nonché agli atti adottati sulla base delle stesse disposizioni. Al contempo, la stessa disposizione, che è reiterata dall’art. 275, secondo comma, TFUE, prevede due eccezioni: la Corte è competente a controllare il rispetto dell’art. 40 TUE (che “presidia” il confine tra le competenze PESC e non-PESC dell’Unione)2, nonché la legittimità delle decisioni PESC che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche. A sua volta, l’esclusione, in via di principio, della competenza della Corte in ambito PESC è stata qualificata dalla Corte, nella giurisprudenza anteriore alla sentenza Rosneft, come una deroga alla sua generale competenza prevista dall’art. 19 TUE, che pertanto deve essere interpretata in modo restrittivo (sent. 24 giugno 2014, causa C-658/11 Parlamento c. Consiglio, EU:C:2014:2025, par. 70; sent. 12 novembre 2015, causa C-439/13 P Elitaliana c. Eulex Kosovo, EU:C:2015:753, par. 42; sent. 19 luglio 2016, causa C-455/14 P H c. Consiglio e Commissione, EU:C:2016:569, par. 40). La Corte ha quindi ritenuto di dover rispondere, sostanzialmente, a due interrogativi, chiarendo la sussistenza della propria competenza a controllare in via pregiudiziale sia il rispetto dell’art. 40 TU sia la legittimità delle suddette misure restrittive (par. 61).
Quanto al primo aspetto, la Corte ha osservato che, poiché “i Trattati non prevedono alcuna modalità particolare per effettuare [il] controllo giurisdizionale [ex art. 40 TUE]”, questo “rientra nella competenza generale che l’art. 19 TUE conferisce alla Corte per garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e applicazione dei Trattati”, indicando tra i vari mezzi per il suo esercizio anche il rinvio pregiudiziale (par. 62). Dunque, la Corte ha affermato la propria competenza a statuire in via pregiudiziale sul rispetto dell’art. 40 TUE da parte della decisione PESC controversa.
La Corte ha invece dovuto svolgere un ragionamento più articolato rispetto al secondo interrogativo, dal momento che l’art. 275, secondo comma, TFUE, precisa che essa è competente a pronunciarsi “sui ricorsi, proposti secondo le condizioni di cui all’art. 263, quarto comma, [TFUE], riguardanti il controllo della legittimità delle decisioni [PESC] che prevedono misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche”. A sua volta, l’art. 24, par. 1, secondo comma, ultima frase, TUE, fa riferimento alla “legittimità di talune decisioni, come previsto dall’articolo 275, secondo comma del trattato [FUE]”. In altre parole, il tenore letterale di queste disposizioni sembra suggerire che il controllo di legittimità si possa esplicare solo in via diretta, attraverso il ricorso per annullamento ex art. 263 TFUE, e non anche in via indiretta, con il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE.
La Corte è invece giunta all’opposta conclusione, ritenendo che il controllo possa essere attivato sia in modo diretto sia indiretto. A sostegno della sua interpretazione, ha svolto tre argomenti principali. In primo luogo, la Corte ha evidenziato che la completezza del sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione deriva dal carattere complementare delle due modalità di attivazione della propria competenza a sindacare la legittimità degli atti UE (par. 66). Secondo la Corte, tale complementarietà costituisce una “caratteristica essenziale del sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione [che] si estende al controllo della legittimità delle decisioni che prevedono l’adozione delle misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche nell’ambito della PESC” (par. 69). Il rinvio fatto dall’art. 24, par. 1, secondo comma, ultima frase, TUE all’art. 275, secondo comma, TFUE sarebbe volto a “determinare non il tipo di procedura nell’ambito della quale la Corte può controllare la legittimità di talune decisioni, bensì il tipo di decisioni di cui la Corte può controllare la legittimità, nell’ambito di qualsiasi procedimento avente ad oggetto un siffatto controllo di legittimità” (par. 70).
In secondo luogo, la Corte ha sottolineato l’importanza del rinvio pregiudiziale nel contesto in questione per assicurare la tutela giurisdizionale effettiva degli individui, “atteso che gli Stati membri devono garantire la conformità delle loro politiche nazionali con le posizioni dell’Unione definite mediante decisioni del Consiglio, adottate in forza dell’articolo 29 TUE [e, pertanto,] l’accesso al controllo giurisdizionale delle suddette decisioni risulta indispensabile quando esse prevedono l’adozione di misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche” (par. 71).
A sostegno di questa seconda linea argomentativa, la Corte ha svolto due ulteriori considerazioni. Da un lato, ha osservato che, “come risulta tanto dall’articolo 2 TUE, contenuto nelle disposizioni comuni del Trattato UE, quanto dall’articolo 21 TUE, relativo all’azione esterna dell’Unione, cui rinvia l’articolo 23 TUE relativo alla PESC, l’Unione è segnatamente fondata sul valore dello Stato di diritto” (par. 72). Dall’altro lato, ha richiamato l’art. 47, par. 1, della Carta, secondo cui “ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice”, sottolineando anche – in linea di continuità con la precedente considerazione – che “l’esistenza stessa di un controllo giurisdizionale effettivo, destinato ad assicurare il rispetto delle disposizioni del diritto dell’Unione, è intrinseca all’esistenza di uno Stato di diritto” (par. 73, nonché sent. 18 dicembre 2014, causa C-562/13 Abdida, EU:C:2014:2453, par. 45, e sent. 6 ottobre 2015, causa C-362/14 Schrems, EU:C:2015:650, par. 95). La Corte ha anche precisato che, sebbene “l’art. 47 della Carta non possa creare una competenza per la Corte qualora i Trattati la escludano, il principio della tutela giurisdizionale effettiva implica tuttavia che l’esclusione della competenza della Corte in materia di PESC vada interpretata restrittivamente” (par. 74).
Da ultimo, la Corte ha escluso che il controllo di legittimità sulle decisioni PESC che adottano misure restrittive possa essere svolto unicamente dai giudici nazionali (par. 78). A sostegno di questa conclusione, la Corte ha richiamato la “necessaria coerenza del sistema di tutela giurisdizionale” dell’Unione (ibid.), la miglior posizione della Corte (grazie alla possibilità di raccogliere le osservazioni degli Stati membri e delle istituzioni dell’Unione i cui atti sono oggetto di contestazione e di chiedere agli Stati membri e alle istituzioni che non sono parti in causa tutte le informazioni ritenute necessarie) (par. 79), nonché “l’obiettivo essenziale dell’articolo 267 TFUE, che è quello di garantire l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione da parte dei giudici nazionali”, laddove “divergenze fra i giudici degli Stati membri circa la validità di un atto dell’Unione potrebbero compromettere l’unità stessa dell’ordinamento giuridico di quest’ultima e ledere il principio fondamentale della certezza del diritto” (par. 80).
Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha dunque affermato la propria competenza a statuire in via pregiudiziale su una decisione PESC che prevede misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche sia in relazione alla sua compatibilità con l’art. 40 TUE sia alla sua legittimità.


In GU 2014, L 229, p. 13, come modificata dalla decisione 2014/872/PESC del Consiglio, del 4 dicembre 2014, in GU 2014, L 349, pag. 58.

«L'attuazione della politica estera e di sicurezza comune lascia impregiudicata l'applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai trattati per l'esercizio delle competenze dell'Unione di cui agli articoli da 3 a 6 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
L'attuazione delle politiche previste in tali articoli lascia parimenti impregiudicata l'applicazione delle procedure e la rispettiva portata delle attribuzioni delle istituzioni previste dai trattati per l'esercizio delle competenze dell'Unione a titolo del presente capo».

Osservatorio sulle fonti

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