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Il TAR Lombardia delimita il perimetro dei poteri giustiziali dell’ARERA (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza 8 ottobre 2018, n. 2226 (3/2019)

Il TAR Lombardia, Milano, Sez. II, con la sentenza 8 ottobre 2018, n. 2226, ha annullato parzialmente una decisione giustiziale dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (oggi Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente – ARERA), che, accogliendo un reclamo proposto da un venditore al dettaglio di gas naturale contro un distributore di gas naturale, aveva statuito di porre a carico del distributore parte della penale che il venditore al dettaglio avrebbe dovuto corrispondere al proprio fornitore all’ingrosso (c.d. “shipper”) per il superamento della capacità contrattualmente impegnata con quest’ultimo. Nel caso oggetto di reclamo, l’applicazione della penale per il superamento dei limiti contrattuali derivava da un errore del distributore, consistente nella mancata comunicazione al responsabile del bilanciamento (Snam Rete Gas S.p.A.) dei dati di prelievo per il mese di settembre 2016, relativi all’impianto di distribuzione identificato dal codice ReMi 34502203, funzionali alla determinazione delle partite fisiche ed economiche di bilanciamento.

Per quanto qui interesse – e considerata la ristretta economia di questa nota –, non è certamente il caso di scendere nel dettaglio tecnico della vicenda controversa, né, tanto meno, di operare una ricostruzione della regolazione – estremamente articolata e complessa – delle partite fisiche ed economiche del servizio di bilanciamento del gas naturale (c.d. “settlement”), nel cui ambito la vicenda stessa si ascrive.
È importante piuttosto evidenziare che la decisione dell’ARERA di allocare, per una parte, l’onere di versamento della penale – dovuta dal venditore al proprio shipper/grossista in forza del contratto tra essi intercorrente – in capo ad un soggetto terzo al contratto ed ossia al distributore, era stata assunta sulla base di un criterio equitativo, cui l’Autorità aveva ritenuto far ricorso, “in assenza di specifica disciplina regolatoria della materia” (non risultando regolate, appunto, le sorti di una penale applicata al contratto tra shipper e venditore al dettaglio).
Il TAR Lombardia, pronunciandosi sul ricorso proposto dal distributore, ha annullato in provvedimento giustiziale dell’ARERA proprio nella parte in cui esso disponeva la traslazione parziale dei costi della penale in capo al distributore.
La sentenza con cui il TAR Lombardia ha ritenuto illegittima siffatta statuizione dell’ARERA riveste particolare rilievo, in quanto – per quel che consta – costituisce la prima occasione in cui il giudice amministrativo affronta funditus la tematica del fondamento e della esatta delimitazione dei poteri giustiziali di tale Autorità di regolazione settoriale.
Il quadro di riferimento fondamentale per affrontare tale tematica è necessariamente costituito dai principi di rango costituzionale e, primo tra tutti, dal principio di legalità, che, come affermato dal TAR Lombardia, “deve informare l’esercizio di poteri giustiziali da parte delle Autorità amministrative indipendenti”.
Infatti – evidenzia in via generale lo stesso TAR – “il conferimento di un potere di natura giustiziale […] non può che soggiacere ai principi di rilevanza costituzionale che ne delimitano l’esercizio e, in particolare, al principio di legalità nell’accezione di necessaria determinazione da parte del legislatore delle ipotesi di intervento di tale potere e dei provvedimenti tipici attraverso cui si svolge la funzione”.
In tale prospettiva, il principio di soggezione alla legge di cui all’art. 101, comma 2, Cost. non è riferibile alla sola autorità giurisdizionale, informando, al contrario, “ogni attività in cui l’ordinamento si risolva a regolare conflitti attraverso un potere giustiziale”, con la conseguenza che, nelle ipotesi in cui il “concretamento dell’ordine giuridico” sia demandato ad un organo diverso dalla magistratura, tale organo “non potrà che risultare ugualmente sottoposto a quelle regole che di tale potere costituiscono, al contempo, fondamento e limite”.
Declinando i principi sopra richiamati al caso di specie, il TAR Lombardia ha ritenuto la decisione adottata dall’ARERA priva di fondamento normativo, nella parte in cui essa, fuoriuscendo dal solco dell’accertamento degli obblighi imposti ai gestori di infrastrutture energetiche (come l’impresa di distribuzione del caso di specie), si è, per così dire, “spinta” sul terreno del risarcimento del danno scaturente da inadempimento contrattuale. Infatti, ad avviso del giudice amministrativo lombardo, l’“ambito dell’accertamento di una responsabilità e della riparazione dei pregiudizi economici da questa derivante” non risulterebbe riconducibile alla previsione normativa che assegna il potere giustiziale all’ARERA, contenuta nell’art. 44, comma 1, del d.lgs. n. 93/2011 (di recepimento del c.d. “terzo pacchetto energia UE”), a mente del quale l’Autorità “decide sui reclami presentati contro un gestore di un sistema di trasmissione, di trasporto, di stoccaggio, di un sistema GNL o di distribuzione per quanto concerne gli obblighi a tali gestori imposti in attuazione delle direttive comunitarie sui mercati interni dell’energia elettrica e del gas naturale”.
La previsione letterale di cui all’art. 44 sopra citato limita, pertanto, l’ambito di intervento del potere giustiziale dell’ARERA alle sole controversie relative agli obblighi a tali gestori imposti in attuazione delle direttive comunitarie sui mercati interni dell’energia elettrica e del gas naturale. Il TAR Lombardia ritiene che neppure la norma europea recepita (art. 37, par. 11, della direttiva 72/2009, sul mercato interno del gas naturale), attraverso l’applicazione del principio di effetto utile del diritto UE, possa fornire copertura all’intervento giudiziale dell’ARERA nel campo del risarcimento del danno per responsabilità di natura civilistica: ciò in quanto “[a]nche la normativa europea limita il reclamo dell’Autorità alla sola verifica degli obblighi del gestore di un sistema di trasmissione e non estende, quindi, la cognizione ad effetti ulteriori come le conseguenze dell’allocazione del pregiudizio economico derivante da simili condotte”.
Né, ad avviso del TAR lombardo, l’assenza di un fondamento normativo della decisione può essere sopperita evocando – come il provvedimento censurato fa nella sua parte motiva – il ricorso ad una decisione di carattere equitativo, occorrendo, in ogni caso (sia nelle ipotesi di equità c.d. “formativa” ovvero “sostitutiva” che in quelle di equità c.d. “suppletiva” o “integrativa”), una previsione normativa che espressamente abiliti l’organo con funzioni giustiziali a fare ricorso ad un pronuncia di carattere equitativo. A suffragio della posizione così assunta, il TAR Lombardia richiama espressamente la sentenza della Corte costituzionale n. 206 del 2004, dove si sottolinea come una concezione dell’equità, intesa come fonte autonoma e alternativa alla legge, si ponga inevitabilmente in contrasto con i parametri di cui agli artt. 24 e 101, comma 2, Cost.
È altresì da escludersi, per il TAR Lombardia, la possibilità di ipotizzare una trasposizione dell’art. 1384 c.c. (norma che, in tema di clausola penale, attribuisce al giudice il potere di riduzione ad equità) nell’ambito del giudizio di reclamo condotto dall’ARERA; ciò che non consente, quindi, di ritenere la decisione definitoria del giudizio stesso applicazione della previsione di cui a detta norma civilistica. A tale conclusione il giudice amministrativo perviene sulla scorta di orientamenti consolidati della Corte di Cassazione (tra le altre, sono richiamate Cass. civ., Sez. un., 13 settembre 2005, n. 18128, e Cass. civ., Sez. I, 25 ottobre 2017), che, attestando come la funzione dell’intervento riduttivo giudiziale sia quella di “riequilibrare l’autonomia negoziale in relazione al patto accessivo […] funzionale sia alla coercizione all’adempimento sia alla predeterminazione della misura del risarcimento in caso di inadempimento”, con riferimento necessario ad uno specifico rapporto negoziale, permettono di affermare l’estraneità della decisione dell’ARERA alla previsione dell’art. 1384 c.c.: in tale decisione, infatti, non viene “riequilibrata la conseguenza dell’inadempimento del venditore rispetto ai propri obblighi contrattuali con lo shipper”, ma, al contrario, viene “statuita l’imputazione parziale del pregiudizio derivante dall’integrale pagamento della penale in capo ad un soggetto terzo”. Secondo il TAR lombardo, la tipologia di decisione adottata, involgendo più propriamente la verifica della portata dell’inadempimento del distributore sulle obbligazioni tra lo shipper e il venditore configurerebbe, piuttosto, una situazione rientrante nell’alveo della generale previsione di cui all’art. 2043 c.c. (illecito extra-contrattuale), la cui cognizione non è demandata all’ARERA, bensì al giudice civile.
A giustificare, sul piano della legittimità, la porzione della decisione che statuisce l’imputazione (benché parziale) al terzo del pregiudizio derivante dal pagamento della penale da parte del venditore, neppure sono state ritenute idonee le seguenti (ulteriori) argomentazioni difensive svolte dall’ARERA: la statuizione in questione si porrebbe in termini di consequenzialità con la adozione delle prescrizioni generali in materia di settlement gas; essa si limiterebbe ad esprimere un concreto, sia pure alla luce di un criterio equitativo, la portata della prescrizione regolatoria; la tipologia di decisione adottata sarebbe giustificabile in ragione della rilevanza pubblicistica della controversia, avendo riflessi sulla funzionalità del sistema.
Il TAR Lombardia ha ritenuto non condivisibili le argomentazioni dell’ARERA – sopra riportate in sintesi – sulla base, essenzialmente, del rilievo che, nella fattispecie esaminata, il criterio equitativo diviene “non un meccanismo di specificazione dell’ordinamento in ragione di un’assenza di regolazione giuridica”, bensì “il veicolo attraverso cui, indebitamente, l’Autorità conferisce a sé un potere che l’ordinamento stesso non prevede”.
In definitiva, ammettere, in funzione di esigenze di funzionamento del sistema affidate all’ARERA, un’estensione dei poteri di cognizione dell’Autorità non espressamente abilitati da una previsione legale, finirebbe col “legittimare un potere giustiziale ‘di scopo’ che, tuttavia, everte il principio di legalità che presiede all’esercizio di funzioni giustiziali”.
Ciò comporta, nella sostanza, che, in punto di esercizio di poteri giustiziali non può trovare applicazione la teoria dei c.d. “poteri impliciti”, il ricorso alla quale è invece ammesso dalla prevalente giurisprudenza amministrativa per giustificare l’esercizio di poteri di regolazione generale che non siano espressamente contemplati dalla legge, ma che risultino, tuttavia, funzionali al raggiungimento degli obiettivi cui è preordinata l’azione dell’ARERA (in tal senso cfr., tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, sent., 2 maggio 2012, n. 2521, e Cons. Stato, Sez. VI, sent., 20 marzo 2015, n. 1532).

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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