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Le misure di contenimento dell’epidemia da Covid-19 nel quadro dei trattati sui diritti umani (2/2020)

A causa dell’epidemia da Covid-19, il Governo italiano, come i Governi di molti altri Stati, ha adottato misure speciali di contenimento della diffusione del virus[1] che hanno inciso sensibilmente nella sfera dei diritti fondamentali delle persone, come i diritti alla libertà di movimento, di associazione, alla proprietà privata, all’iniziativa economica, alla privacy etc. tutelati, tra l’altro, dalla Convenzione europea dei diritti umani e da altri trattati sui diritti umani. La possibilità di introdurre limitazioni al godimento dei diritti fondamentali è prevista dalla maggior parte dei trattati sui diritti umani nella forma sia di limitazioni ordinarie, disciplinate dalle disposizioni che sanciscono specifici diritti, sia di deroghe straordinarie, disciplinate da clausole generali, come l’art. 15 della Convenzione europea dei diritti umani (d’ora innanzi “Convenzione europea”) e l’art. 4 del Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici (d’ora innanzi “Patto”)[2].

Le limitazioni ordinarie sono sottoposte dai vari trattati a specifiche condizioni, le quali in sostanza richiedono che le misure adottate dai Governi siano previste per legge, indirizzate al perseguimento di obiettivi legittimi - come la tutela della salute pubblica - e necessarie e proporzionate al raggiungimento di tali obiettivi. Per quanto riguarda la Convenzione europea, ad esempio, gli articoli dall’8 all’11 prevedono espressamente che possano essere adottate misure “necessarie in una società democratica” per la salvaguardia, tra l’altro, della “salute pubblica”. Anche l’art. 5 sancisce, al par. 1, lett. e), che il diritto alla libertà personale può essere limitato se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa. Per quanto riguarda la protezione del diritto alla proprietà privata, l’art. 1, del primo Protocollo prevede che la privazione della proprietà è ammissibile “per cause di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale”. Analoghe previsioni sono contenute nel testo del Patto sui diritti civili e politici e di altri trattati sui diritti umani.

Quando le limitazioni ordinarie risultano insufficienti a fronteggiare la situazione di emergenza, gli Stati dovrebbero ricorrere alle clausole speciali di deroga. In particolare, per quanto riguarda la Convenzione europea, l’art. 15 autorizza gli Stati contraenti ad adottare misure straordinarie di compressione dei diritti non inderogabili “in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione”. Analogamente, l’articolo 4 del Patto consente l’adozione di misure derogatorie in caso di pericolo pubblico eccezionale, che minacci l’esistenza della Nazione e che sia proclamato con atto ufficiale. Tali misure sono considerate legittime solo nei limiti in cui siano necessarie e proporzionate, non siano incompatibili con altri obblighi internazionali e non comportino una discriminazione fondata su razza, colore, sesso, lingua, religione e origine sociale[3]. Entrambi i trattati, inoltre, considerano inderogabili alcuni diritti di particolare importanza, come il diritto alla vita, a non subire tortura e all’irretroattività della legge penale. Qualora gli Stati decidano di far valere la facoltà di deroga straordinaria dei diritti sanciti dalla Convenzione europea e dal Patto, dovrebbero notificare la propria intenzione rispettivamente alla Corte europea dei diritti umani e al Segretario generale dell’ONU. La notifica è infatti necessaria per sottoporre al monitoraggio internazionale la conformità delle misure adottate ai criteri previsti dai trattati e, in particolare, valutare la necessità e proporzionalità delle deroghe.

Si può considerare pacifica l’applicazione della nozione di “pericolo pubblico”, adottata sia dall’art. 15 della Convenzione europea, che dall’art. 4 del Patto, all’attuale crisi sanitaria dato che essa è stata già applicata a precedenti situazioni di emergenza sanitaria derivanti da epidemie che hanno richiesto l’adozione di speciali misure di limitazione dei diritti individuali[4]. E, infatti, anche le misure adottate per rispondere all’epidemia da coronavirus hanno indotto alcuni Stati a notificare l’adozione di deroghe straordinarie ex art. 15 della Convenzione europea e 4 del Patto. L’Italia, invece, è tra i Paesi che non ha effettuato alcuna dichiarazione di beneficiare di deroghe straordinarie ai trattati sui diritti umani, nonostante il carattere rigoroso delle misure di contenimento adottate per rispondere alla crisi sanitaria. Sebbene le ragioni di questa scelta non siano state rese note all’opinione pubblica, si può ipotizzare che il Governo abbia ritenuto possibile fondare la legittimità delle deroghe sulle clausole di limitazione ordinaria. Dubbi sulla compatibilità di questa scelta con gli obblighi internazionali al rispetto dei diritti umani derivano dallo “Statement on derogations from the Covenant adottato in connection with the Covid-19 Pandemic” adottato, il 24 aprile scorso, dal Comitato sui diritti umani[5]. In tale documento, infatti, il Comitato ha affermato con forza l’esigenza che tutti gli Stati che abbiano adottato misure di emergenza per far fronte all’emergenza sanitaria da coronavirus effettuino senza ritardo la notificazione di deroga prevista dall’art. 4 del Patto. Ha, inoltre, ribadito la necessità di rispettare le condizioni già previste dal Commento generale n. 29 all’art. 4 del Patto che richiede, in particolare, il carattere proporzionale e non discriminatorio delle limitazioni. Al contempo, lo “Statement” raccomanda agli Stati di contenere il più possibile il carattere derogatorio delle misure di contenimento dell’emergenza da Covid-19 entro i confini delle limitazioni ordinarie previste dalle singole disposizioni del Patto. In prima battuta spetta quindi agli Stati valutare la conformità delle misure di contenimento dell’epidemia da essi adottate alle condizioni previste dalle limitazioni ordinarie e, segnatamente, al criterio della proporzionalità. Resta, tuttavia, la competenza della Corte europea, del Comitato sui diritti umani e degli altri organi di controllo dei trattati sui diritti umani a sindacare la valutazione effettuata dagli Stati e a censurare l’eventuale omissione della notifica di deroghe straordinarie.

 

[1] In particolare, il Decreto Legge n. 6 del 23 febbraio 2020, adottato ai sensi dell’art. 77 Cost., ha conferito al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di adottare “ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica”.

[2] Si veda la ricostruzione di E. Sommario, Misure di contrasto all’epidemia e diritti umani, tra limitazioni ordinarie e deroghe sul blog della Società di diritto internazionale.

[3] Così prescrive il General Comment n 29 adottato dal Comitato sui diritti umani nel 2001.

[4] In particolare, nel 2006, la Georgia ha invocato l’art. 15 della Convenzione europea per sospendere il diritto di proprietà e la libertà di circolazione in risposta all’epidemia di influenza aviaria e il Guatemala, nel 2009, l’art. 4 del Patto in seguito all’epidemia di influenza suina.

[5] UN doc. CCPR/C/128/2.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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