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Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (3/2022)

Periodo di riferimento: agosto 2022 – ottobre 2022

  1. Introduzione

Nel periodo di riferimento considerato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha adottato una nuova misura di natura regolamentare, vale a dire la Delibera n. 299/22/CONS del 3 agosto 2022[1], recante «Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per le elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica fissate per il 25 settembre 2022».

 

Come è noto, i regolamenti in tema di par condicio elettorale vengono approvati ad ogni rinnovata competizione fra le diverse forze politiche, secondo quanto disposto dalla legge n. 28 del 2000[2]. La Delibera in commento, pertanto, si riferisce alle campagne per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica fissate per il giorno 25 settembre 2022 e si applicano nei confronti dell’emittenza privata (fornitori di servizi media audiovisivi ed emittenti televisive ed emittenti radiofoniche) e della stampa quotidiana e periodica.

Il legislatore del 2000 intese rispondere a un compito gravoso: effettuare un delicato bilanciamento tra diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, quali la garanzia della libertà e della genuinità del voto espresso dai cittadini nelle elezioni (art. 48 Cost.), il diritto di questi ultimi a concorrere a determinare la politica nazionale con metodo democratico attraverso i partiti (art. 49 Cost.), l’accesso alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza (artt. 3 e 51 Cost.) e, non ultimi, la libertà di impresa delle emittenti nonché la libertà di manifestazione del pensiero di cui all'art. 21 Cost., declinata nella accezione di pluralismo sui diversi mezzi di comunicazione di massa.

È proprio la rivoluzione tecnologica che ha investito questi ultimi a rivelare tutti i limiti di una legge risalente a un tempo remoto, le cui criticità si ripresentano a ogni nuova tornata elettorale. L’avvento dell’era digitale e di internet ha ampliato il palcoscenico virtuale entro cui si muovono gli attori della politica. Il processo di osmosi fra mezzi televisivi tradizionali e nuovi, racchiuso nella etichetta di derivazione europea di “servizi media audiovisivi”, oggi coinvolge tutti i dispositivi capaci di navigazione in internet, nonché le diverse piattaforme on line distributive dei contenuti. Sicché, ciò che prima era relegato nei confini temporali di un rigido palinsesto, fruibile attraverso un singolo mezzo, oggi si stempera nella moltitudine di mezzi disponibili e dei contenuti indistintamente veicolati attraverso la rete. Ne consegue che, se è vero che la nozione di servizi media audiovisivi risulta inscindibilmente legata ai repentini mutamenti della tecnica, è altrettanto vero che le regole un tempo rivolte ai mezzi tradizionali non trovano più un contesto di riferimento dai confini certi e predefiniti.

Pertanto, l’operatività del principio di eguaglianza sostanziale reclama l’applicazione, ancorché in sede di interpretazione legata all’evolversi dei tempi, di regole omogenee, rivolte tanto alla tv tradizionale che ai nuovi mezzi, pena il rischio di un vuoto regolatorio, in grado di arrecare un vulnus all’art. 3 Cost.

Non sfuggirà a un occhio attento, allora, quanto oggi avviene in via di fatto per rimediare a tale rischio: il sostanziale adeguamento del quadro normativo primario tramite fonti di rango regolamentare. Infatti, da un lato la fonte regolamentare reca l’attuazione specifica delle indicazioni generali contenute nella legge madre; dall’altro, la fonte regolamentare medesima assume anche il compito di “adeguare” il contesto normativo di livello primario al mutato scenario tecnologico. In che modo?

In proposito, è dubbio se la legge del 2000 sia suscettibile di interpretazione evolutiva, anche a voler considerare le espressioni elastiche di cui essa si compone, lì dove circoscrive il suo perimetro d’intervento ai «mezzi di informazione. Come autorevolmente sostenuto, «Invero, le norme della ricordata L. 28/00 sono tassative nel cedere il potere normativo all’A.G.Com. e quindi mal si prestano a essere interpretate estensivamente rispetto al loro ambito di competenza. Dunque, questa constatazione ci impone di guardare altrove. Un’alternativa è offerta dal tessuto costituzionale a maglie larghe: l’endiadi ‘altri mezzi’ (di cui all’art. 21 Cost.)»[3].

Vedremo sul punto che il Regolamento Agcom, a fronte del silenzio della norma primaria attributiva di potere ha scelto, infine, di affidare all’autoregolamentazione il compito di promuovere la par condicio sulla rete.

  1. Le regole dell’equal time nei programmi di comunicazione politica

 Il nuovo Regolamento, in coerenza con quanto disposto nei precedenti provvedimenti, in primis definisce, all’art. 2, chi sono i soggetti politici destinatari delle regole, individuandoli in ragione del criterio della rappresentatività[4]. Segnatamente, nella prima fase (periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di presentazione delle candidature) sono considerati i soggetti politici già presenti nelle assemblee da rinnovare.  Nella seconda fase (periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e quella di chiusura delle campagne elettorali)[5], vengono considerate le coalizioni o le liste di candidati che abbiano presentato candidature in ambiti territoriali che interessino almeno un quarto degli elettori chiamati alla consultazione.

Il Regolamento stabilisce poi il criterio “paritario” per la distribuzione dei tempi[6] fra i vari soggetti politici considerati, distinguendo fra programmi di comunicazione politica e programmi di informazione.

Con particolare riferimento al periodo elettorale, si evidenzia che le regole riferite alla comunicazione politica – come le tribune elettorali, i messaggi politici autogestiti, le conferenze stampa – sono soggette a limiti quantitativi, declinati in ragione dei differenti archi temporali di riferimento. Nel primo periodo, lo spazio della comunicazione politica è suddiviso al 50% in modo paritario, e al 50% in proporzione alla forza parlamentare delle stesse forze. Dopo la presentazione delle candidature, gli spazi saranno ripartiti alla pari tra le coalizioni e le liste dei candidati che interessano almeno un quarto degli elettori.

  1. La rappresentazione delle forze politiche nei programmi a contenuto informativo

Come visto, i programmi di comunicazione politica sono soggetti ai più stringenti limiti di ordine quantitativo.

Diversamente, i programmi di «informazione» – quali telegiornali, giornali radio, rassegne stampa o, più in generale, contenuti di tipo giornalistico riguardanti la cronaca e l'attualità – sono invece tenuti a rispettare i più elastici principi «di tutela del pluralismo, dell'imparzialità, dell'indipendenza, dell'obiettività, dell'equilibrata rappresentanza di genere e dell'apertura alle diverse forze politiche assicurando all'elettorato la più ampia informazione sui temi e sulle modalità di svolgimento della campagna elettorale, evitando di determinare, anche indirettamente, situazioni di vantaggio o svantaggio per determinate forze politiche». Distinzione, questa, avallata dalla Corte costituzionale, che nella nota sentenza n. 155 del 2002 ribadì che l’art. 21 della Costituzione garantisce all’emittente privata, in quanto “impresa di opinione”, la titolarità di una posizione giuridica soggettiva costituzionalmente tutelata, consistente nel diritto a manifestare la propria identità politica, mantenendo la responsabilità editoriale del programma.

In particolare, in base al Regolamento, l’Autorità verifica che l’equa distribuzione nei programmi di informazione sia rispettata alla luce dei criteri quali il tempo di parola dedicato alle diverse posizioni politiche nei notiziari e nei programmi di approfondimento informativo diffusi da ciascuna testata, il format, la periodicità di ciascun programma, nonché la collocazione delle trasmissioni nelle diverse fasce orarie del palinsesto. In sede di valutazione l’Autorità terrà conto anche del tempo di notizia fruito da ciascun soggetto politico.

Se l’elasticità dei principi appena enunciati appare in linea con le esigenze dell’equal time nell’ambito dei programmi a carattere informativo, deve nondimeno rilevarsi che l’assenza di criteri quantitativi rende, di fatto, complessa l’attività di vigilanza, nonché la correlata ed eventuale attività sanzionatoria svolta.

Ad esempio, la delibera n. 304/22/CONS[7], adottata a fronte di diverse segnalazioni ricevute in riferimento a un confronto politico programmato nell’ambito di una nota trasmissione televisiva, è stata formalmente un “atto di richiamo” verso le emittenti, espressione quindi di moral suasion, nella quale si è ritenuto che il confronto tra i due leader politici previsto nel corso del programma avrebbe dovuto essere “compensato” da analoghe modalità di confronto[8]. La trasmissione è stata ritenuta “non conforme” alla normativa sulla par condicio, in quanto basata su di «un unico confronto televisivo tra due soli soggetti politici (...) suscettibile di determinare, in capo ai soggetti partecipanti al confronto, un indebito vantaggio elettorale rispetto agli altri». 

L’atto di richiamo non è stato l’unico intervento adottato in attuazione delle disposizioni regolamentari.

Con successiva delibera[9] l’Autorità ha richiamato un programma per il mancato rispetto delle norme sulla par condicio, ritenendo insufficiente, al fine di riequilibrare e sanare le violazioni riscontrate nella trasmissione del 19 settembre, la successiva messa in onda della puntata del 20 settembre, per cui l’Autorità ha ordinato alla emittente «di trasmettere, in apertura della prima puntata utile del programma, un messaggio in cui il conduttore comunichi che nella trasmissione del 19 settembre non sono stati rispettati i principi di pluralismo, obiettività, completezza, correttezza, lealtà ed imparzialità dell’informazione»

In altri termini, a fronte dell’assenza di rigidi criteri quantitativi per valutare il rispetto della par condicio nei programmi di informazione, diverse sono state le soluzioni adottate. Nel primo caso l’Autorità è intervenuta ex ante, richiamando indifferentemente tutte le emittenti al riequilibrio tramite un atto di carattere esortativo; nel secondo caso, ritenendo che non vi fossero le condizioni per ottenere tale riequilibrio, ha adottato un ordine rivolto alla singola emittente ex post.

  1. La parità delle armi sulle piattaforme social

Il Regolamento prevede, infine, all’art. 28, un articolo specifico dedicato alla par condicio sui social. Le piattaforme per la condivisione dei video sono tenute ad assumere ogni utile iniziativa volta ad assicurare il rispetto dei principi di tutela del pluralismo, della libertà di espressione, dell’imparzialità, indipendenza e obiettività dell’informazione nonché ad adottare misure di contrasto ai fenomeni di disinformazione anche in conformità agli impegni assunti dalle piattaforme nell’ambito del The Strengthened Code of Practice on Disinformation 2022.

Da un lato potrebbe quindi salutarsi con favore una regolamentazione che tenga conto della progressiva assimilazione fra media tradizionali e canali social; dall’altro, in presenza di una norma primaria attributiva del potere avara di indicazioni, il rischio tangibile consiste nel replicare sulla rete le criticità evidenziate riguardo i media tradizionali.

Difatti, è possibile notare come i concetti evanescenti ed elastici previsti per i programmi di informazione vengono calati nel contesto di internet. Con riferimento ai contenuti aventi natura di messaggio elettorale veicolati dalla rete, si potrebbe allora rivalutare quanto previsto nell’ambito del Tavolo tecnico per la garanzia del pluralismo e della correttezza dell’informazione sulle piattaforme digitali e sui social network[10], col quale «è assunta ogni utile iniziativa al fine di promuovere l’adozione condivisa e coordinata di misure di contrasto ai fenomeni di disinformazione e lesione del pluralismo informativo online». Il Tavolo, operativo dal 2018, ha visto nascere la fattiva partecipazione degli stakeholders, esortati dall’Autorità a osservare le misure ivi indicate per garantire la corretta rappresentazione delle parti politiche sulla rete.  Sicché, come autorevolmente sostenuto, «Dinanzi alla tirannia di una pubblicità digitale anarchica, e quindi dominata dai più forti, l’AG.Com. ha parlato il linguaggio del diritto mite, indicando comportamenti virtuosi ai candidati e invitando i gestori delle piattaforme a condotte consone al fair play elettorale[11]».

Come emerso nell’ambito dei lavori[12], per esempio, è necessario informare gli utenti delle piattaforme digitali circa la natura di «messaggio elettorale» e l’identità del soggetto politico committente; devono essere chiaramente individuabili dall’utente i criteri di profilazione utilizzati dalla piattaforma e gli altri fattori che determinano la visualizzazione delle inserzioni stesse e i tipi di dati personali e non personali che influiscono sulle inserzioni ricevute o visualizzate; deve essere rivalutata anche in rete l’importanza del cd. silenzio elettorale.

Quest’ultimo profilo presenta criticità evidenti, in quanto la legge 212 del 1956, dedicata proprio alla disciplina della propaganda elettorale, all’art. 9 disciplina il silenzio elettorale a mezzo stampa (esteso successivamente anche al mezzo radiotelevisivo), senza riguardare in alcun modo il mezzo internet. E così la rete, uno dei principali mezzi disponibili ad oggi per fare propaganda elettorale, non è incluso direttamente nelle norme che regolano le campagne elettorali.

Si può quindi concludere con un auspicio: nel silenzio del Legislatore, la regolamentazione della par condicio in rete, avulsa dai rigidi confini territoriali, potrebbe essere rimessa a un lungimirante decisore europeo, ma questa volta con effetto vincolante per tutti gli stati membri.

 

 

[1] Reperibile al seguente link: https://www.agcom.it/documentazione/documento?p_p_auth=fLw7zRht&p_p_id=101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE&p_p_lifecycle=0&p_p_col_id=column-1&p_p_col_count=1&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_struts_action=%2Fasset_publisher%2Fview_content&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_assetEntryId=27593366&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_type=document

[2] Recante….in particolare, l’ormai risalente legge sulla par condicio elettorale stabilisce che, per quanto riguarda le emittenti private. sia l'Agcom ad avere la competenza per l’approvazione del regolamento attuativo. Per quanto riguarda, invece, le tv e le radio pubbliche, la competenza in merito all’approvazione del regolamento è della Commissione parlamentare di Vigilanza Rai. A fronte del riparto di competenze normative, la potestà sanzionatoria viene invece affiata all’Autorità in via esclusiva.

[3] G. De Minico, Autorità indipendenti e algoritmi: una famiglia disfunzionale, in Questa rivista, n. 2/2021, p. 963. Disponibile in: https://www.osservatoriosullefonti.it

[4] Art. 2, comma 1. Ai fini del presente provvedimento si intendono per soggetti politici nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di presentazione delle candidature: a) le forze politiche che, al momento dello scioglimento delle Camere, costituiscono Gruppo in almeno un ramo del Parlamento nazionale; per i Gruppi parlamentari composti da forze politiche distinte, o rappresentate da sigle diverse, il Presidente del Gruppo individua, secondo criteri che contemperino le esigenze di rappresentatività con quelle di pariteticità, le forze politiche che di volta in volta rappresenteranno il Gruppo; b) le forze politiche, diverse da quelle di cui alla lettera a), che hanno eletto con proprio simbolo almeno due rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo.

[5] Art. 2, comma 2. Nel periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e quella di chiusura delle campagne elettorali, si intendono per soggetti politici: a) le coalizioni di cui all’art. 14-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, presenti in ambiti territoriali tali da interessare complessivamente almeno un quarto del totale degli elettori; b) le liste di candidati di cui all’art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, che sono presenti con il medesimo simbolo in ambiti territoriali tali da interessare complessivamente almeno un quarto del totale degli elettori ovvero che sono rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute.

[6]Articolo 3 (Ripartizione degli spazi di comunicazione politica) 1. Ai fini del presente Capo I, in applicazione della legge 22 febbraio 2000, n. 28, nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di chiusura delle campagne elettorali, gli spazi che ciascuna emittente televisiva o radiofonica nazionale privata dedica alla comunicazione politica riferita alle consultazioni elettorali nelle forme previste dall’art. 4, comma 1, della legge 22 febbraio 2000, n. 28, sono ripartiti come segue: a) nel periodo intercorrente tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la data di presentazione delle candidature, il tempo disponibile è ripartito per il cinquanta per cento in modo paritario tra i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), b) e c) e per il cinquanta per cento tra i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), b), c) e d), in proporzione alla loro forza parlamentare; b) nel periodo intercorrente tra la data di presentazione delle candidature e quella di chiusura delle campagne elettorali, il tempo disponibile è ripartito, con criterio paritario, tra le coalizioni di cui all’art. 2, comma 2, lett. a), e tra le liste di cui all’art. 2, comma 2, lett. b). 2. In rapporto al numero dei partecipanti e agli spazi disponibili, il principio delle pari opportunità tra gli aventi diritto può essere realizzato, oltre che nell’ambito della medesima trasmissione, anche nell’ambito di un ciclo di più trasmissioni, purché ciascuna di queste abbia analoghe opportunità di ascolto. È altresì possibile realizzare trasmissioni con la partecipazione di giornalisti che rivolgono domande ai partecipanti.

[7] Delibera n. 304/22/CONS, recante «Richiamo alla corretta applicazione dei principi a tutela del pluralismo e della parità di trattamento nei confronti radiotelevisivi trasmessi nei programmi di informazione durante la seconda fase della campagna per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica fissate per il giorno 25 settembre 2022».

[8] «RILEVATO che secondo il consolidato orientamento dell’Autorità, il criterio della parità di trattamento va inteso nel senso che situazioni analoghe debbano essere trattate in maniera analoga “al fine di assicurare in tali programmi l’equa rappresentazione di tutte le opinioni politiche ed il corretto svolgimento del confronto politico su cui si fonda il sistema democratico”. Ne consegue che, nel rispetto dell’autonomia editoriale e giornalistica e della correlazione dell’informazione ai temi dell’attualità e della cronaca politica, tale principio va, pertanto, applicato a situazioni omologhe, avuto riguardo sia alle liste coalizzate che alle liste non coalizzate; (…)».

[9] Delibera n. 335/22/CONS, recante «Ordine nei confronti della Concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per la violazione dei principi in materia di par condicio e pluralismo informativo durante la campagna per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica indette per il 25 settembre 2022. Programma “Il cavallo e la torre” (RAITRE)».

[10] https://www.agcom.it/tavolo-pluralismo-e-piattaforme-online.

[11] G. De Minico, Autorità indipendenti e algoritmi: una famiglia disfunzionale, cit.

[12] AGCOM, Linee guida per la parità di accesso alle piattaforme online durante la campagna elettorale per le elezioni politiche 2018.

Osservatorio sulle fonti

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