Archivio rubriche 2016

Sentenza n. 94/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 06/05/2016 – Pubblicazione in G. U. 11/05/2016

Motivi della segnalazione

La Corte fonda la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione impugnata, inserita in un decreto-legge in sede di conversione, sul rilievo della mancanza di omogeneità fra tale disposizione e le disposizioni del testo originario del decreto-legge. La disposizione dichiarata illegittima (art. 4-quater del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49), introducendo l'art. 75-bis del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza) aveva previsto una nuova contravvenzione per l'inosservanza di misure di prevenzione nei confronti di tossicodipendenti, istituite con la medesima disposizione. La decisione è degna di nota in quanto esplicitamente riafferma e applica i principi già enunciati nella sentenza n. 32/2014, la quale aveva dichiarato illegittime, in quanto ugualmente affette dal vizio di "disomogeneità sopravvenuta" e pertanto lesive dell'art. 77, co. 2 Cost.., altre disposizioni (art. 4-bis e 4-vicies ter ) del medesimo decreto-legge inserite in sede di conversione. La stessa Corte richiama tale "precedente specifico", il quale aveva ravvisato nella "eterogeneità" di quelle disposizioni (che avevano modificato il regime sanzionatorio in materia di stupefacenti) "rispetto al contenuto, alla finalità e alla ratio complessiva dell'originario decreto-legge" il motivo della loro illegittimità (cfr. cons. n. 4.1 della sentenza in commento); per rilevare subito dopo che "le considerazioni sviluppate con la citata sentenza n. 32 del 2014 – che hanno indotto questa Corte a censurare la disomogeneità delle disposizioni aggiunte dagli artt. 4-bis e 4-vicies ter rispetto all'originario decreto-legge – valgono anche per la disposizione oggi censurata di cui all'art. 4-quater" (cons. n. 4.2).

Sentenza n. 63/2016 – Giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 24/03/2016 – Pubblicazione in G.U. 30/03/2016 n. 13

Motivi della segnalazione

Con la sentenza n. 63/2016 la Corte costituzionale ha parzialmente accolto il ricorso con cui il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 70, commi 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater, e 72, commi 4, 5 e 7, lettere e) e g), della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 2, disposizioni modificate, da ultimo, dalla legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2.

Sentenza n. 52/2016 – Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

Deposito del 10/03/2016 – Pubblicazione in G.U. 16/03/2016 n. 11 

Motivi della segnalazione

La decisione segnalata presenta numerosi profili di interesse, affrontando e risolvendo, in una maniera ritenuta da molti discutibile in dottrina, una questione di estrema rilevanza concernente, da un particolare punto di vista, l’interpretazione dell’art. 8 Cost.

La decisione della Corte, pronunciata nell’ambito di un giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri contro le Sezioni unite della Corte di cassazione, si colloca al termine di una lunga vicenda giudiziaria, dipanatasi dinanzi ad organi di giustizia amministrativa e approdata anche davanti alla Corte di cassazione, in seguito a un ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, per “motivi inerenti alla giurisdizione” (art. 111, ult. comma, Cost.). All’origine della vicenda si pone un ricorso al TAR Lazio da parte dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) contro una delibera del Consiglio dei  Ministri con cui si era deciso di non avviare le trattative finalizzate alla conclusione dell’intesa con la stessa UAAR, sul presupposto che la professione di ateismo non potesse essere assimilata ad una confessione religiosa.

Sentenza n. 36/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 19/02/2016 – Pubblicazione in G. U. 24/02/2016, n. 8

Motivi della segnalazione

Oggetto del giudizio di costituzionalità è l'art. 2, commi 2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), così come aggiunti dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134), in riferimento agli artt. 3, primo comma, 111, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

Interpretazione autentica e limiti all’efficacia retroattiva delle leggi: necessario “appiglio semantico” fra la norma interpretativa e la norma oggetto di interpretazione (in conformità al canone del  “significato proprio delle parole” di cui all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale) 

Sentenza n. 260/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 11/12/2015 – Pubblicazione in G. U. 16/12/2015

 

Motivo della segnalazione

La Corte, nel sindacare la legittimità costituzionale di una norma sedicente di interpretazione autentica, pronuncia alcune affermazioni di portata generale, riguardanti la natura della relazione che deve sussistere fra una norma asseritamente interpretativa e la norma oggetto di interpretazione affinché possa concludersi che la prima svolga effettivamente la funzione dichiarata. Dalle argomentazioni svolte si evince chiaramente che fra le due norme deve esservi un “appiglio semantico”: la norma di interpretazione autentica è tenuta a rispettare il canone ermeneutico generale del “significato proprio delle parole” di cui all’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale e pertanto deve “enunciare una pausibile variante di senso” della norma oggetto di interpretazione. Diversamente, “non si può ritenere [...] che la norma interpretativa sia servita al legislatore, per emendare un’imperfezione del testo originario, ripristinando il significato autentico della disposizione interpretata, o che abbia risolto contrasti interpretativi, forieri di incertezze rilevanti”, bensì può concludersi che essa è servita ad introdurre una nuova disciplina a cui il legislatore pretende di attribuire illegittimamente efficacia retroattiva, allo scopo di  impedire, in giudizi in corso e con riferimento a vicende non ancora definite, l’applicazione di orientamenti giurisprudenziali consolidati rispettosi del significato proprio delle parole che compongono la norma interpretata (scilicet perché si tratta di orientamenti che ostano al conseguimento del fine perseguito mediante la nuova disciplina sedicente interpretativa). Sicché in simili casi dovrà riconoscersi la lesione, ad un tempo, dell’ “affidamento dei consociati nella sicurezza giuridica” e delle “attribuzioni costituzionali dell’autorità giudiziaria”. Questi i principi che la lettura della motivazione permette di estrapolare (cfr., in particolare i  nn. 5 e 6 del considerato in diritto, da cui sono tratte le citazioni), coerenti con quanto affermato nella precedente giurisprudenza costituzionale in materia di interpretazione autentica e di limiti all’efficacia retroattiva delle leggi (cfr., in particolare, sent. n. 209/2010, richiamata al cons. n. 6 della sentenza in commento, nonché le decisioni anteriori richiamate in quella pronuncia).

Il principio dell’accordo nei rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni a statuto speciale non ha rango costituzionale e può, pertanto, essere derogato entro determinati limiti

Sentenze nn. 238 e 239/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 19 novembre 2015 – Pubblicazione in G.U. del 25/11/2015, n. 47

 

Motivo della segnalazione

Le due pronunce oggetto di segnalazione si collocano nell’ampio filone giurisprudenziale  concernente l’applicabilità, nei riguardi delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, delle disposizioni statali recanti principi di coordinamento della finanza pubblica.

Entrambe le pronunce originano dai ricorsi presentati dalle regioni ad autonomia speciale e dalle province autonome avverso, rispettivamente, l’articolo 1, commi 526 e 527, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), e l’articolo 1, commi 499, 500, 502 e 504 della medesima legge. Tuttavia, avendo le ricorrenti nelle more del giudizio raggiunto accordi con lo Stato aventi ad oggetto le disposizioni sopra citate, la Corte ha dichiarato cessata la materia del contendere nei riguardi di tutte le ricorrenti, fatta eccezione per la regione Sicilia che ha ritenuto, nonostante l’avvenuta conclusione di un accordo, di non rinunciare ai ricorsi presentati avverso i commi 499 e 526 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014).

Il principio di retroattività della lex mitior non concerne le norme penali di natura processuale

Sentenza n. 240/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 26 novembre 2015 – Pubblicazione in G.U. del 02/12/2015, n. 48

  

Motivo della segnalazione

Nella sentenza n. 240 del 2015 la Corte costituzionale, pronunciandosi sulle questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 464-bis, comma 2, del codice di procedura penale, sollevate dal Tribunale ordinario di Torino in riferimento agli articoli 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo con riferimento all’articolo 7 della CEDU, fornisce alcune precisazioni in ordine all’ambito di applicazione del principio di retroattività della legge penale più favorevole.  

Il ricorso sollevato dal giudice rimettente originava dalla recente introduzione, ad opera della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di sospensione di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio), dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova degli adulti, in base al quale l’imputato ha accesso ad un programma di trattamento che prevede una serie di attività obbligatorie, quali l’esecuzione di lavori di pubblica utilità, l’attuazione di condotte riparative volte a eliminare le conseguenze dannose del reato, il risarcimento del danno cagionato e, ove possibile, un’attività di mediazione con la vittima del reato. L’esito positivo della prova determina l’estinzione del reato per il quale si procede.

Sulla violazione della legge delega che attua una direttiva dell’UE

 

Sentenza n. 210/2015  – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

 

Deposito del 29/10/2015 – Pubblicazione in G. U. 04/11/2015  n. 44

 

 

Motivo della segnalazione


Con ordinanza del 17 febbraio 2014, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 38, comma 5, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici), il quale stabilisce − per le emittenti televisive a pagamento − limiti orari alla trasmissione di spot pubblicitari più restrittivi di quelli previsti per le emittenti cosiddette “in chiaro”. Ad avviso del giudice rimettente, la previsione si porrebbe in contrasto, in primo luogo, con l’art. 76 Cost., poiché tale misura sarebbe del tutto innovativa e non giustificata da alcuna previsione della legge delega, né da una ratio implicita della direttiva cui la disposizione dovrebbe dare attuazione. Viene, inoltre, denunciato il contrasto con l’art. 3 Cost., per l’intrinseca irrazionalità della disposizione, che introdurrebbe un’ingiustificata differenziazione tra i limiti orari di affollamento pubblicitario applicabili alle emittenti televisive a pagamento e quelli applicabili alle emittenti in chiaro, nonostante l’unicità del mercato di riferimento; ed infine, con l’art. 41 Cost., poiché la disposizione inciderebbe sulla libertà di iniziativa economica delle emittenti televisive a pagamento, in difetto di una chiara ed inequivoca finalità sociale che giustifichi l’intervento normativo in questione.

La Corte e il … parametro incostituzionale

Sentenza n. 197/2015 – giudizio di costituzionalità in via principale

Deposito del 09/10/2015 - Pubblicazione in G. U. 14/10/2015 n. 41

 

Motivo della segnalazione

La Corte costituzionale si è trovata a decidere della costituzionalità della disciplina dettata dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con la L. 3 del 9 marzo 2012; più in particolare, sono stati sottoposti al vaglio del giudice delle leggi i primi due commi dell’art. 1 della legge regionale appena menzionata. La disposizione impugnata interviene in materia di autonomie locali, dettando norme sulla competenza regionale a proposito di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali degli enti locali. Al comma 1, essa stabilisce che – in conformità all’art. 4, primo comma, numero 1-bis dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia (l. cost. 1/1963), e agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 9/1997 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni), al fine di valorizzare gli strumenti di autonomia normativa e le forme di rappresentanza delle comunità locali, perseguendo il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica – nella Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia si applica, nelle more dell’attuazione della riforma dell’ente Provincia nell’ambito dell’ordinamento costituzionale, la legislazione regionale in materia elettorale, sugli organi di governo e sulle funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane. Al comma 2 si aggiunge che, fino al recepimento nell’ordinamento regionale della riforma costituzionale appena ricordata, sono confermate le vigenti modalità di elezione, la formazione e la composizione degli organi di governo dei Comuni e delle Province del Friuli-Venezia Giulia, nonché le funzioni comunali e provinciali e le relative modalità di esercizio. Secondo la ricostruzione prospettata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al momento dell’impugnazione, la legge regionale avrebbe dettato una disciplina difforme rispetto a quanto previsto dal d.l. 201/2011 (conv. con modificazioni dalla l. 214/2011), contenente principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica; così facendo, quindi, la disciplina regionale sarebbe stata in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Estensione della questione di costituzionalità al nuovo testo della disposizione impugnata allorché la modifica legislativa non sia tale da soddisfare la Regione ricorrente o da alterare i termini del quadro normativo

Sentenza n. 21/2016 – Giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 11/02/2016; Pubblicazione in G. U. 17/02/2016

 

Motivo della segnalazione

Con ricorso notificato il 12 gennaio 2015 e depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2015, la Regione Campania ha promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164.

Osservatorio sulle fonti

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