FONTI INTERNAZIONALI 2023

Con sentenza del 10 novembre 2022, la prima sezione della Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha condannato all’unanimità l’Italia per violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) per aver costretto i figli minorenni di I.M. a vedere il padre in incontri settimanali programmati nonostante questo fosse drogato e alcolizzato e fosse accusato di violenza domestica nei confronti della madre, I.M., ed esercitasse comportamenti violenti e minacciosi durante gli stessi incontri con i figli.

Con la sentenza n. 111, pubblicata il 5 giugno 2023, la Corte costituzionale (redattore F. Viganò), ha accolto le questioni di legittimità costituzionali avanzate dal Tribunale di Firenze, relativamente agli articoli 64, terzo comma, cod. proc. pen. e 495 cod. pen., per contrasto con l’art. 24 Cost.

Il Tribunale di Firenze doveva decidere sulla responsabilità penale di un imputato per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale sulla propria identità o le proprie qualità previsto dall’art. 495 cod. pen., che - accompagnato in Questura per l’identificazione nell’ambito di un procedimento penale - aveva dichiarato alla polizia di non avere mai subito condanne, senza essere stato avvertito della facoltà di non rispondere. Successivamente era emerso che, in realtà, quella persona era stata già condannata due volte in via definitiva. Il giudice rimettente aveva osservato che il codice di procedura penale, così come interpretato dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione, richiede che ogni persona sottoposta a indagini sia avvertita della propria facoltà di non rispondere soltanto alle domande relative al fatto di cui è accusata, ma non alle domande relative alle circostanze personali elencate all’art. 21 disp. att. cod. proc. pen.: e cioè, tra l’altro, se abbia un soprannome, quali siano le sue condizioni patrimoniali, familiari, sociali, se eserciti uffici o servizi pubblici o ricopra cariche pubbliche, e ancora se abbia già riportato condanne penali. Il Tribunale aveva, allora, chiesto alla Corte costituzionale se questa disciplina fosse compatibile con la dimensione costituzionale del cosiddetto diritto al silenzio, che è parte del diritto di difesa riconosciuto, tra l’altro, dall’art. 24 Cost., dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e dall’art. 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (PIDCP), adottato in seno alle Nazioni Unite.

Il 5 dicembre 2022 il Tribunale ordinario di Roma, sezione diritti della persona e immigrazione civile, ha pubblicato la sentenza n. 17909/2022, nell’ambito della controversia che vede opposta l’associazione di promozione sociale CasaPound Italia (d’ora in poi “CasaPound”) alla società di diritto irlandese Meta Platforms Ireland Ltd (già Facebook Ireland Ltd, d’ora in poi “Meta”). Il Tribunale di Roma ha rigettato le domande proposte dal movimento neofascista CasaPound e, per l’effetto, ha revocato una precedente ordinanza cautelare a favore di quest’ultimo.

Con la sentenza n. 8268 del 22 marzo 2023, la Suprema Corte di Cassazione a Sezione Unite Civili veniva chiamata a pronunciarsi sulla questione dell’accertamento dei rapporti tra l’azione di disconoscimento della paternità (azione con cui si contesta lo status di figlio) e quella di dichiarazione giudiziale di paternità (azione che tende a conseguire lo status di figlio). In specie, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., la Procura generale della Corte di Cassazione chiedeva l’enunciazione del seguente principio di diritto: «il giudizio di disconoscimento di paternità è pregiudiziale rispetto a quello in cui viene richiesto l’accertamento di altra paternità così che, nel caso della loro contemporanea pendenza, si applica l’istituto della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c.».

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Osservatorio sulle fonti

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