Le Rubriche dell'Osservatorio

L’incitamento all’odio razziale secondo la Corte di Cassazione (1/2020)

(Sentenza della Corte di Cassazione n. 1602 del 2020)

Con la sentenza n. 1602 del 2020 la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una sentenza della Corte di Appello di Milano che condannava due cittadini italiani per aver commesso il reato di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale di cui all’art. 604 bis cp. Questa disposizione, che costituisce attuazione della Convenzione ONU per l’eliminazione della discriminazione razziale, prevede: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito:

a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;

b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.”

Nel caso di specie i condannati avevano esposto su un camion pubblicitario un manifesto con il messaggio “clandestino uccide tre italiani a picconate – pena di morte subito”, con l’aggiunta dell’immagine di una ghigliottina e la testa mozzata di un uomo di colore. Secondo la Corte di Cassazione, il ragionamento svolto dai giudici di merito nel sussumere tale condotta entro l’ambito di applicazione della fattispecie incriminatrice dell’art. 604 bis cp risulta fallace per non aver provato la concreta pericolosità della condotta in questione - elemento questo che è stato considerato indispensabile all’integrazione del reato. Infatti, alla luce della giurisprudenza della Cassazione, il reato è commesso quando è dimostrato che la condotta contestata ha determinato il concreto pericolo di comportamenti discriminatori. Nel caso di specie, la sentenza impugnata aveva invece considerato discriminatoria per sé la diffusione dei manifesti in ragione del loro contenuto aggressivo. Secondo la Corte, la sentenza avrebbe invece dovuto offrire una ricostruzione del contesto nel quale la condotta si inseriva per poterne apprezzare la natura discriminatoria ed avrebbe dovuto indagare l’idoneità in concreto dei manifesti ad indurre altri a compiere atti discriminatori. Inoltre, secondo la Cassazione, la discriminazione per motivi razziali dovrebbe essere fondata esclusivamente sulla “qualità personale” del soggetto e non sui suoi comportamenti.

In questa sentenza, l’argomentazione della Corte è stata fondata esclusivamente sulla considerazione della pregressa giurisprudenza di legittimità relativa alle definizioni chiave della condotta rilevante e della nozione di “discriminazione per motivi razziali”. Mancano invece riferimenti alle fonti internazionali rilevanti e alla prassi applicativa del Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale, l’organo di controllo istituito dalla Convenzione per l’eliminazione della discriminazione razziale, le cui disposizioni sono state attuate in Italia anche attraverso l’art 604 bis cp[1]. Al riguardo, giova ricordare che il suddetto Comitato ha adottato lo scorso 26 settembre 2013 un commento generale sulla lotta al cosiddetto “hate speech” fondato su motivi razziali, un tema attualmente molto dibattuto[2]. Nel commento generale il Comitato ha indicato alcuni fattori che gli Stati dovrebbero tenere in considerazione nella delimitazione delle condotte incriminate, tra i quali il contenuto e la forma del messaggio di odio, i suoi obiettivi, l’esposizione al pubblico e financo il generale clima politico, sociale ed economico nel quale esso si inserisce. Tali elementi dovrebbero fornire all’interprete un ausilio prezioso da tenere in considerazione nell’interpretazione ed applicazione delle norme nazionali di attuazione della Convenzione[3].

 

[1] Informazioni sulla composizione e sull’attività del Comitato si trovano alla pagina https://www.ohchr.org/EN/HRBodies/CERD/Pages/CERDIndex.aspx

[2] Si veda ad esempio il recente dibattito sul blog della Società italiana di diritto internazionale:  http://www.sidiblog.org/tag/hate-speech/

[3] Comitato per l’eliminazione della discriminazione razziale, Commento generale n. 35, UN doc. CERD/C/GC/35, par. 15.

Osservatorio sulle fonti

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