Raccordi parlamentari Italia-UE

Rubriche

La produzione legislativa regionale è ad oggi molto condizionata da quella che ormai potrebbe definirsi una strutturale instabilità politica della regione.

Il 23 gennaio 2023 il Presidente Lavevaz ha rassegnato le dimissioni e il 2 marzo si è insediata una nuova giunta guidata da Renzo Testolin, esponente del partito Union Valdôtaine come il suo predecessore. Le forze politiche che sostengono il governo odierno ricalcano quelle a sostegno del precedente, con l’Union Valdôtaine a guidare una (risicata) maggioranza composta da partiti autonomisti (con l’ingresso in maggioranza del partito Pour l’Autonomie dell’ex Presidente Augusto Rollandin) e dal gruppo di centro-sinistra Federalisti Progressisti – PD. Il consiglio regionale registra inoltre (ennesimi) “cambi di casacca” e ulteriori rimodulazioni dei gruppi consiliari che contribuiscono a rendere molto precari il quadro politico e la tenuta della maggioranza.

Premessa

La riforma del sistema giudiziario, attualmente in corso, è stata prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fra le cd. riforme orizzontali, quale riforma di contesto che interessa in maniera trasversale tutti i settori di intervento del Piano[1].

La prevista riforma interviene per migliorare la qualità e l’efficienza del sistema giudiziario ed individua alcuni ambiti di intervento prioritari quali la riforma del processo civile, la riforma del processo penale e la riforma del quadro normativo in materia di insolvenza. La disciplina di riforma risulta indubbiamente incentrata sull’esigenza di razionalizzazione e semplificazione delle procedure esistenti[2].

Per incrementare l’efficienza del sistema giudiziario, il Piano aveva indicato fra i principali obiettivi i seguenti: quello di portare a piena attuazione l’Ufficio del processo, introdotto in via sperimentale dal d.l. n. 90 del 2014; di rafforzare la capacità amministrativa del sistema, per valorizzare le risorse umane, integrando il personale delle cancellerie; di potenziare le infrastrutture digitali con la revisione e diffusione dei sistemi telematici di gestione delle attività processuali e di trasmissione di atti e provvedimenti; di garantire al sistema giustizia strutture edilizie efficienti e moderne; di contrastare la recidiva dei reati potenziando gli strumenti di rieducazione e di reinserimento sociale dei detenuti.

Con la Legge Costituzionale n. 2 del 7 novembre 2022, recante “Modifica all’art. 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall’Insularità” è stato inserito un nuovo comma nell’articolo 119 della Costituzione: «la Repubblica riconosce le peculiarità delle Isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità».

Tale innovazione mira a promuovere e garantire le peculiarità di tali territori sotto molteplici profili quali quello storico e naturalistico (cfr. https://www.riformeistituzionali.gov.it/it/pubblicata-la-legge-costituzionale-sullinsularita/). Indubbiamente tali territori scontano problemi demografici nonché di collegamento territoriale, ciò che può incidere sull’esercizio di libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione. Tale previsione mira a garantire l’effettività dell’art. 3 Cost., sotto il profilo della eguaglianza sostanziale, nonché dei doveri di solidarietà ex art. 2 Cost. Tale previsione potrà quindi rappresentare un parametro per valutare la legittimità delle leggi ed il legislatore dovrà tener conto della riforma in vari ambiti: infrastrutture, fiscalità, trasporti, finanziamenti maggiori per la garanzia dei servizi pubblici.

Premessa
L’esperienza della XIX legislatura della Repubblica italiana ha inizio in data 13 ottobre 2022. Questa legislatura rappresenta la prima a vedere applicati gli effetti derivanti dall’esito positivo del referendum costituzionale del 2020 sul cd. “taglio dei parlamentari”. Gli equilibri del nuovo Parlamento sono stati, pertanto, ridisegnati dalla riduzione del numero dei parlamentari (400) e dei senatori (200, a cui si aggiungono i senatori a vita), quest’ultimi eletti da un corpo elettorale più ampio di quello precedente e facente riferimento a giovani con meno di 25 anni. Il primo esecutivo della XIX legislatura, governo Meloni, ha prestato giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica il 22 ottobre 2022.

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L’art. 281, paragrafo 2, TFUE prevede la possibilità di modificare lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea senza dover ricorrere alla procedura di revisione dei Trattati, benché lo stesso sia contenuto nel Protocollo n. 3 e abbia, pertanto, rango di diritto primario. La disposizione citata consente, in particolare, al Parlamento europeo e al Consiglio di adottare tali modifiche deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, su richiesta della Corte di giustizia e previa consultazione della Commissione, ovvero su proposta della Commissione e previa consultazione della Corte di giustizia.

Lo scorso dicembre, la Corte di giustizia ha presentato una domanda ai sensi dell’art. 281, paragrafo 2, TFUE volta a introdurre due modifiche, entrambe animate dall’esigenza di ridurre il carico di lavoro della Corte stessa, nell’interesse della buona amministrazione della giustizia e dell’efficace adempimento della funzione affidata a tale istituzione (ovvero, “[assicurare] il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati”: cfr. Articolo 19, par. 1, TUE).

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 18 aprile 2023, E.D.L., Causa C‑699/21, ECLI: ECLI:EU:C:2023:295

La Grande Sezione della Corte di Giustizia, statuendo in seguito a rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte costituzionale italiana, si è nuovamente pronunciata sul rapporto tra fiducia reciproca e tutela dei diritti fondamentali e, in particolare, sulla situazione in cui la protezione di tali diritti impone di non eseguire un mandato di arresto europeo per una ragione non prevista dalla decisione quadro in materia. La pronuncia riguarda, nello specifico, l’ipotesi in cui il ricercato sia affetto da una grave patologia cronica e di durata indeterminata e la consegna possa esporlo al rischio di subire una riduzione significativa della sua aspettativa di vita o un deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute, tali da configurare un trattamento disumano e degradante vietato dall’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE. La Grande Sezione ha, innanzitutto, precisato che un’interpretazione della decisione quadro alla luce di tale disposizione, impone di ritenere che, nell’ipotesi richiamata, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia tenuta a sospendere temporaneamente la consegna e richiedere all’autorità emittente garanzie volte a evitare il materializzarsi del suddetto rischio. Qualora, alla luce delle informazioni ricevute, tale rischio non possa escludersi entro un termine ragionevole, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione dovrà rifiutare di dare esecuzione al mandato.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 22 dicembre 2022, Ministre de la Transition écologique e Premier ministre (Responsabilité de l’État pour la pollution de l’air), causa 61/21[1], ECLI:EU:C:2022:1015

Nella sentenza Ministre de la Transition écologique, la Corte di giustizia, nella formazione della Grande sezione, si è pronunciata in via pregiudiziale, per la prima volta, circa le condizioni in presenza delle quali uno Stato membro può essere ritenuto responsabile per i danni alla salute dei suoi cittadini, causati dalla violazione di obblighi discendenti dal diritto dell’Unione in materia ambientale. La Corte di giustizia ha, in particolare, valutato se la normativa dell’Unione in questione fosse preordinata ad attribuire diritti ai singoli. Essa tuttavia ha ritenuto che sebbene le misure considerate ponessero obblighi abbastanza chiari e precisi quanto al risultato che gli Stati membri dovevano assicurare, esse perseguivano un obiettivo generale di protezione della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso e pertanto non contenevano alcuna attribuzione esplicita o implicita di diritti la cui violazione potesse far sorgere la responsabilità di uno Stato membro per i  danni causati ai singoli.

Sentenza della Corte di giustizia (Grande Sezione) del 6 giugno 2023, O.G., Causa C‑700/21, ECLI:EU:C:2023:444

La Grande Sezione della Corte di Giustizia, pronunciandosi a seguito di un rinvio pregiudiziale sollevato dalla Corte costituzionale italiana, ha affermato che il principio di uguaglianza dinanzi alla legge di cui all’art. 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea osta alla normativa di uno Stato membro che limita il beneficio di un motivo facoltativo di non esecuzione del mandato d’arresto europeo ai cittadini nazionali e di altri Stati membri, escludendo invece in modo automatico qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato membro. La Corte di giustizia ha altresì precisato che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve, al contrario, poter procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione del cittadino di paese terzo destinatario del mandato (legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici, natura, durata e condizioni del soggiorno). Questa valutazione deve condurre a stabilire l’esistenza di un sufficiente grado di integrazione del cittadino di paese terzo nello Stato ospitante, cosicché l’esecuzione in detto Stato membro della pena o della misura di sicurezza privative della libertà pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente contribuirà ad aumentare le sue successive possibilità di reinserimento sociale.

Sentenza della Corte di giustizia del 17 maggio 2023, BK e ZhP (Suspension partielle de la procédure au principal), causa 172/22, ECLI:EU:C:2023:416

Nella sentenza BK, la Corte di giustizia ha chiarito se e a quali condizioni il giudice del rinvio possa continuare a esaminare la causa di cui è investito, anche dopo aver sollevato un quesito pregiudiziale alla Corte di giustizia e in attesa della sua pronuncia.

Il lungo e quanto mai incerto percorso di adesione formale dell’Unione alla Cedu ha raggiunto recentemente una tappa significativa davvero non scontata. Il 17 marzo scorso è stato concluso un nuovo progetto di accordo grazie al quale l’ipotesi di un’adesione torna ad essere una prospettiva realistica[1].

L’art. 6, par. 2, TUE[2] stabilisce un vero e proprio obbligo a carico dell’Unione di procedere in questa direzione e, in infetti, un primo tentativo si era registrato già all’indomani dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Come si ricorderà, il negoziato protrattosi per circa tre anni aveva portato nel luglio del 2013 all’adozione del primo progetto di accordo di adesione. Quest’ultimo, sottoposto dalla Commissione al vaglio della Corte di giustizia, attraverso lo strumento previsto dall’art. 218, par. 11, TFUE, era stato dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione. Per il suo contenuto, il parere 2/13[3] ha costituito una battuta di arresto di portata tale da determinare l’abbandono del negoziato per circa sei anni, facendo addirittura dubitare della possibilità di realizzare l’adesione formale alla Cedu. La finalizzazione del nuovo progetto di accordo è dunque un risultato provvisorio ma di assoluta rilevanza nel quadro dei rapporti dell’Unione con la Convenzione.

Osservatorio sulle fonti

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